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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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TOMMASO MARTINI E LA RISCOPERTA DELLA CALABRIA
Poi succede che a Roma scoprono il pittore Cozza di Stilo, e gli dedicano una frequentatissima mostra; e via così, per arrivare alla scoperta torinese del pittore Tommaso Martini di Bivongi, che oggi 21 lo celebra con la presentazione, ad opera di chi scrive, del volume Pier Francesco Guala – Tommaso Martini, Visioni di suggestioni alle soglie della modernità, con scritti di Elio Murdolo, Franco Caradini, Paola Coniglio, Giorgio Metastasio, Daniela Baldo, José Luis Molteni, Fulvio Calabrese. Il settecentesco artista bivongese viene messo in relazione con la scuola napoletana del Solimena, e con gli effetti che questo produce, tramite la presenza barocca del Juvarra, sull’arte piemontese, e in particolare sul Guala. In quegli anni, infatti, il Regno di Napoli, dopo due secoli di viceregno spagnolo e austriaco, riacquista la sua piena indipendenza, e per esso della Penisola (“Italiacam libertatem”, proclama la lapide di Bitonto) con Carlo di Borbone (1734-59), e si avvia alla prosperità e civiltà dei decenni seguenti; ma anche il Piemonte del duca Vittorio Amedeo II, divenuto re di Sicilia e poi per scambio di Sardegna (1720), assiste ad una notevole fioritura, in cui si leggono gli apporti dell’arte siciliana e napoletana. Del nostro Martini il volume segue le vicende umane e artistiche, mentre un’accurata iconografia mostra quanto di lui possiamo ammirare a Napoli, Monterosso, Petrizzi, Guardavalle, e consente di studiarne i valori poetici e tecnici di creatività ed eleganza e linearità dei tratti. Di particolare interesse per il nostro territorio sono le opere di cui Antonio Marincola, duca di Petrizzi e barone di Soverato, uomo di cultura, incaricò il Martini. L’incoronazione della Vergine, restaurata nel 2007, mostra, tra l’altro, con i volti del duca e di sua moglie, una curiosa miniatura della piazza della Petrizzi settecentesca, non molto diversa da oggi. Il momento di stasera, per il quale ci complimentiamo con la comunità di Bivongi e con l’associazione “Tommaso Martini” di Torino, deve considerarsi appena un inizio, che deve suggerire un ampio lavoro di recupero delle opere martiniane perse per eventi infausti o incuria, a cominciare dall’accertamento di notizie dubbie circa la presenza di lavori che potrebbero venire ritrovati; e, più in generale, l’approfondimento e la divulgazione della conoscenza della nostra storia in quel secolo XVIII così vivace e contraddittorio. Ulderico Nisticò |
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