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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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L’ENIGMA DI MURO ROTTO
Le relazioni hanno evidenziato come il territorio sia già in qualche modo segnalato dalla Tabula Peutingeriana, carta stradale romana, dove è segnata una via da Scolacium a Vibo Valentia; e si trovi al centro di strade naturali della Calabria Centrale. In età normanna, l’Istmo tra Ionio e Tirreno ha per centri notevoli e fortezze Stilo e Mileto, e, molto vicino ad entrambi e in agro di Spadola (altro che nel deserto!), la Certosa; e, più a settentrione, Squillace, Castelmonardo, Maida; e dalla via per Nicastro, Corazzo, Cosenza; e, ad oriente, Catanzaro e Crotone. Ha dunque una logica che, a metà strada tra Stilo e Squillace, sorgesse quella che la tradizione popolare chiama “Villa du conti Rusceri”, o Torre Longa; e questo imponente manufatto. Leggenda vuole che la diga sia stata “rotta” da un miracolo di san Vito, che intervenne per salvare i paesi da una terribile alluvione. È per questo che le fonti più antiche a proposito del muraglione lo chiamano già, stranamente, Muro Rotto. Il Fiore lo dice in territorio di Soverato, evidentemente molto più vasto dell’attuale. La sacralità del luogo è rinverdita, attorno al 1730, da un’apparizione della Madonna al giovane Ignazio di Nardo di Olivadi. La Vergine Maria chiese di essere venerata come Madonna della Luce, e Le è dedicato un santuario a Palermiti. Un tempo era l’ultima festa d’estate, quella della Luce, e si ripete ancora “si dissaru li missi a Palermiti, non si ‘nda dinnu ‘cchiù missi cantati”. Il convegno si è concluso con l’impegno dei sindaci e dei parroci, e di rappresentanti di associazioni culturali presenti, a creare un gruppo di lavoro per lo studio storico e archeologico di Muro Rotto e del territorio, e la sua valorizzazione religiosa, culturale e turistica. Ulderico Nisticò
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