Soverato Web | La verità non è veritatismo

Siccome la verità non è veritatismo, anche perché il veritatismo non so cos’è e non lo voglio manco sapere, ritengo indispensabile dire la verità. Qualcuno in città si vanta di aver compiuto un’impresa eroica, anzi di aver salvato il mondo, per aver contribuito ad evitare lo sfratto di due signore da un alloggio di proprietà ecclesiastica. E tanto si vanta, questo qualcuno, anzi un paio di qualcuni, che usa e usano un linguaggio tronfio e volgare. Ma ogni erba si conosce per lo seme, insegna Dante.

Orbene, mi si passino le seguenti considerazioni: 1. Era proprio il caso di sbattere la vicenda in prima pagina con tanto di nome e cognome delle interessate e loro conto in rosso? Secondo me, no. 2. Ho letto due o tre comunicati al proposito, e non so riuscito a capire se l’alloggio si trova in Soverato o in Badolato o è di proprietà di chi: potenza della confusione stilistica!

Ma 3., e soprattutto: una cosa è la carità nei confronti dei bisognosi, altra è l’affermazione, abbastanza implicita, che la Chiesa, siccome è la Chiesa, non dovrebbe farsi pagare il fitto; e, in caso di morosità, dovrebbe far finta di niente.

Non è così. La Chiesa, e per Essa i suoi rappresentanti su questa terra, non è proprietaria ma solo depositaria dei beni che amministra, e ha nei confronti di questi dei precisi doveri, tra cui quello di trasmettere ai posteri il depositum non solo fidei, ma anche della tradizione, della cultura e dei possessi materiali. Se comincia ad ospitare tutti senza farsi pagare, entro un mese avrà perso tutti gli alloggi; se, come ogni tanto qualche matto propone, vendesse, che so, la Pietà di Michelangelo e i dipinti di Raffaello e tutti gli ex voto, giacché la merce sarebbe immensa e gli acquirenti potenziali pochissimi, l’unico risultato sarebbe che qualche riccastro comprerebbe tutto a due lire, e un ostensorio d’oro finirebbe soprammobile di un lupanare di lusso. Ci vuole realismo, non chiacchiere a ruota libera pur di uscire un momento dal meritatissimo anonimato.

Se ci sono casi pietosi, allora è opportuno intervenire, meglio in silenzio. E, alla fine, ha dovuto farsene carico il Comune.

PS. Tutto quanto precede, giusto per la verità. Nessuno si sogni di far dietrologia, o di pensare che quanto qui leggete sia segno di un conato di benevolenza verso una persona: mai al mondo! È solo per la verità.

Approfitto per chiedere all’ottimo Vincenzo Pitaro che ha scritto di un tal antifascista Perri, quanto segue:

Com’è che nel 1926, secondo Pitaro, il Perri “subì l'asprezza e la crudeltà della polizia politica e il Regime, dal 1926 per tutto il Ventennio, lo tenne fuori da ogni attività”, e, sempre secondo il Pitaro, “nel 1928 pubblicò, dunque, «Emigranti», del quale si esaurirono in pochissimi mesi tre edizioni e si ebbero, una dopo l’altra, sette traduzioni (Stati Uniti, Inghilterra, Russia, Germania, Spagna, Olanda e Portogallo). Il volume, per di più, contribuì a fargli conseguire l’ambito «Premio Mondadori»”, evidentemente in Italia e sotto il Regime. Era “fuori da ogni attività dal 1926” e pubblicava con successo nel 1928? Boh!
Com’è che questo eroe dell’antifascismo, sempre secondo Pitaro, “aveva manifestato un forte impegno come intellettuale, occupandosi dei problemi politici e sociali del suo tempo, con una netta presa di posizione contro il fascismo. Per farlo, però, si servì di uno pseudonimo. Tra il 1923 e il '24, sotto il nome di «Paolo Albatrelli» pubblicò a puntate, sul giornale antifascista «La Voce Repubblicana», un romanzo-realtà... ”. Ragazzi, nel 1923 il fascismo era al potere da manco due mesi. Palesemente questo Perri era un pauroso preventivo, alla faccia dell’eroe! Pauroso come tutti quelli che non firmano con il loro nome.

Prima di pubblicare un articolo, consiglio a tutti di rileggerlo, a scanso di smaccate contraddizioni. E Pitaro non si sforzi di dichiararsi antifascista: arriva tardi, lo ha preceduto da un pezzo Gianfranco Fini.

Ulderico Nisticò

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