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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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SALESIANI: LEGGENDE E STORIA

   


 Il pezzo di Normanno, questa volta equilibrato e senza sbavature, invita a riflettere su quella componente importante, forse essenziale della vicenda di Soverato che è la presenza salesiana; e a parlarne con spirito critico e senza pie leggende.

 I Salesiani, dopo un breve e infelice soggiorno a Borgia, lì combattuti e dal clero e dalla massoneria (strane alleanze, alle volte!), scelsero Soverato non certo per quel poco di pezzettini di terra che donò loro la Scoppa, ma perché, modernisti reazionari, compresero che era un borgo cento anni avanti per mentalità e sviluppo economico (allora: oggi è il contrario!); e popolato da famiglie di imprenditori e lavoratori, ben diverse dalla pigrizia ereditaria dei casati calabresi più o meno sedicenti nobili dei paesi interni; e che perciò avrebbero accolto una scuola e un oratorio dalla funzione di ammodernamento e di istruzione.

 Prendendo già dagli anni 1925 la strada del Ginnasio, si rivolsero ad un ceto di piccola e media borghesia, offrendo quella che, allora, era considerata comunemente la meta ambita del progresso sociale: l’istruzione classica. Sorgeva un numeroso internato, che attirava allievi da tutta la Calabria. Accanto a questi, i “semiconvittori”, ragazzi di Soverato che frequentavano il Ginnasio, distinguendosi dagli interni solo perché dormivano a casa.

 La retta dei Salesiani non è mai stata troppo alta, e tale da costituire una discriminante sociale. E bisogna ricordare che molti figli di lavoratori presso l’Istituto (i “famigli”) ebbero il beneficio di studiare gratis.

 La riforma Gentile del 1923 favoriva l’istituzione di scuole non statali laddove lo Stato non riteneva di istituirne delle proprie. Gli ottimi rapporti tra lo Stato fascista e la Chiesa, dopo il Concordato del 1929, giovarono molto anche ai Salesiani di Soverato. Essi ebbero però l’accortezza di tenersi in disparte dalle questioni politiche locali, con pochissime e infelicissime eccezioni. Da ricordare quanto avvenne attorno agli anni 1970, quando certe intromissioni causarono disastri amministrativi e sociali. Per non farla lunga, mi fermo qui. Se i lettori ne vorranno sapere di più, scriveremo un articolo a parte.

 Qui noto solo che i Salesiani stessi non furono mai politicamente monolitici, anzi molto diversi tra di loro e culturalmente e nelle simpatie politiche propriamente dette e relativo voto, il tutto con grandissimo vantaggio culturale degli allievi più intelligenti, mai plagiati, anzi beneficamente esposti ad un continuo dibattito.

 Una leggenda dura a morire, di cui Normanno si fa interprete, è che i Salesiani abbiano impedito il sorgere di altre scuole. L’evidenza prova il contrario: se c’è un luogo anche troppo pieno di scuole statali, quello è Soverato. Il triennio del Liceo salesiano venne istituito nel 1953; la Ragioneria, nel 1960: e il merito di averla voluta fu dell’uomo più devoto e legato al clero che ci sia mai stato tra noi, Antonino Calabretta! Seguirono Scientifico, Alberghiero, Geometra. Ogni volta che si apriva una scuola statale, i soliti profeti che non ne azzeccano una proclamavano l’imminente chiusura dei Salesiani: come al solito, che mira!

 Il Ginnasio-Liceo prosperò grazie alla grande qualità dei suoi docenti e ad una prassi di severa selettività. Nel 1965, a mia memoria, ci presentammo ai terribili esami di Quinto Ginnasio in 42, più 4 seminaristi di Squillace. Questi vennero bocciati tutti e quattro a giugno, assieme ad un bel po’ di interni. Altri, promossi solo a patto che continuassero altrove. L’anno dopo eravamo, con qualche innesto, 27. Quando studiavo a Pisa, Facoltà di lettere tra le più positivistiche del mondo, capitava che i professori mi chiedessero delle forme verbali greche, e alla mia risposta immediata, prorompessero in grida di lode: mentre io ridevo tra me e me pensando quanto avrebbe urlato di rabbia don Mariani non se io, ma se un poveraccio qualsiasi non le avesse immediatamente e con entusiasmo sapute!

 Con tutto questo, la finalità dei Salesiani restava pur sempre quella istitutiva: la “preparazione” di un ceto esecutivo, piuttosto passivo che critico. La raffinata cultura dei docenti esercitò però una funzione, grazie al cielo, antitetica a tale scopo; e molti di noi sono usciti da lì colti e non addomesticati.

 La disciplina era ferrea fino al formalismo, il che rendeva particolarmente divertente violarla; e che pareva fatta apposta per essere violata. Funzionava, diciamo pure, come in un collegio militare, che deve formare ufficiali capaci di obbedire e disobbedire per poter comandare. I Salesiani più intelligenti ammiravano di più chi più mostrava una forte personalità; e disprezzavano il servilismo e l’ipocrisia. Con i migliori professori salesiani il conflitto era continuo, con frequenti scontri ideologici, ideali, personali... e di tifoseria. E siccome dice Eraclito che la guerra è madre di tutte le cose, li ringrazio anche per questo.

 Qualcuno, evidentemente poco esperto della vita, prese sul serio il rigore disciplinare, e ne rimase segnato a vita: ma saranno stati uno ogni due o trecento. Il curioso della normalità è l’eccezione.

 Un discorso a parte richiede l’oratorio, la scuola dei poveri, dove tantissimi ragazzi ebbero, del tutto gratuitamente, una formazione morale, un’istruzione umana e sportiva, una sorta di promozione sociale.

 L’educazione salesiana in genere era, un tempo, squisitamente controriformista. I suoi fondamenti erano: esiste una sola e indiscutibile Verità, quella cattolica; la religione richiede un complesso di pratiche di devozione cui partecipare; la morale consiste nel rispetto di regole, e il peccato è un derivato della debolezza psicologica. Quanto al foro interno, si poteva dire con il Vico che di questo “nessun legislatore giammai si impicciò”. Era una religione da andare in Paradiso solo dopo un non breve periodo di Purgatorio. Poi le cose sono cambiate in senso spiritualistico, ma non solo per i Salesiani. A scanso di equivoci, chiarisco che, per me, lo spiritualismo è l’idealismo all’amatriciana: ma anche di questo, un’altra volta.

 Infine, la parrocchia. Fino al 1941, ce n’era una sola per tutta Soverato, l’Addolorata. I Salesiani, non esitando a rivolgersi persino in Vaticano, ottennero che, in quell’anno, si istituisse quella dell’Immacolata, affidata, dice il decreto, alla “Pia Societas Salesianorum”, i quali designano il titolare pro tempore. Questo particolare canonico, che i più ignorano o non prendono sul serio, è alla radice di tante cose.

 I Salesiani sono stati dunque molto per Soverato: scuola, cultura, educazione, religiosità, e, perché no, indotto economico. L’avvenire non è seriamente prevedibile, ma speriamo sia all’altezza del passato.

 PS: Adesso che qualche scemo del villaggio non dica che mi sto tenendo buono qualcuno. Ricordo a tutti che io tra i Salesiani c’ero prima di tutti loro.

 Ulderico Nisticò

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