Soverato Web | Poveri maiali miei

Non capisco che fastidio danno a “Pennisi” i miei maiali (Leggi l'Articolo... ndr), tanto da rischiare una querela per quella frase secondo la quale i detti suini mi sarebbero “congeniali”, insinuata con palesi anche se puerili intenti di offesa plebea. Ma io non querelo nessuno per due motivi, il primo che sono un signore, l’altro che la prima udienza si terrebbe nel 2197, e io forse all’epoca sarò occupato altrove. Del resto non è per me offensivo il maiale, e qui occorre, a vantaggio dei lettori intelligenti e di “Pennisi”, una spiegazione. La mia cultura precristiana di riferimento non è affatto quella ebraica, in cui il maiale è un animale impuro, ma grecoromana, che vede nel maiale un animale degnissimo: Eumeo, fedele schiavo di Ulisse, viene chiamato da Omero “die sybota”, divino, luminoso allevatore di maiali; e il matrimonio solenne confarreato dei Romani si concludeva con i “suovetaurilia”, sacrificio di maiale, pecora e toro con un’ascia di pietra. Essendo poi calabrese, ben conosco la tradizione dell’allevamento e consumo del maiale, e gli studi antropologici sull’argomento. Io non mi sono mai occupato specificamente di tale materia – non omnia possumus omnes – ma ho segnalato la scoperta, decenni fa, di una canzoncina davolese di macellazione, in cui ho sentito la parola, mai più trovata altrove, “kheru”, riconoscendovi il greco “khoiros”, porcellino. Insomma, ho un buon rapporto con il maiale, a differenza di “Pennisi”, che forse in luogo della soppressata o della bistecca suina mangia pillole degli astronauti e sofficini congelati.

E che dire della millenaria importanza del suino nell’economia, parlare della qual cosa tanto stupisce “Pennisi”? Credo di aver detto cosa quasi ovvia, lamentando che l’Italia, dunque anche la Calabria, debbano importare carne di maiale invece di utilizzare le infinite plaghe abbandonate per popolarle di maiali e di loro allevatori. Sperando di far cosa gradita ai lettori intelligenti e a “Pennisi”, riporto qui quanto apparso oggi nella mia rubrica domenicale di Calabria Ora Il Cuscunà.

RIDATECI I MAIALI

La scoperta di carne di porco alla diossina proveniente dalla Germania, e le notizie che ne seguirono, mi inducono queste riflessioni:

1. Anche in Germania, e in generale nella mitica Europa, ci sono dei mascalzoni, il che suggerisce un po’ di orgoglio patriottico;

2. L’Italia importa dalla Germania e prosciutti e carne di maiale in grande quantità;

3. L’Italia manca di carne di maiale;

4. La Germania esporta carne di maiale;

5. La Germania, la civilissima e industrializzatissima Germania, alleva maiali;

6. L’Italia alleva pochi maiali;

7. In Germania gli abitanti non ritengono affatto disonorevole o “medioevale” allevare, macellare ed esportare maiali;

8. Ci sono molti tedeschi che lavorano in campagna e con i maiali;

9. Le campagne italiane, e quelle calabresi soprattutto, sono desertificate;

10. Non conosco i programmi scolastici germanici, ma scommetterei uno stipendio che sulle antologie della scuola media non si legge che se uno fa il contadino è un disgraziato;

11. In Italia ciò si legge esplicitamente nelle Lettere di don Milani;

12. In Germania, non avendo letto niente del genere, fanno i contadini, e, immagino, frequentano anche scuole agrarie; mentre in Italia si iscrivono tutti ai Licei, e a Napoli si contano più avvocati dell’intera Francia; non so della Germania, ma dev’essere qualcosa del genere;

13. Non ho niente contro gli avvocati, e meno che meno contro la Germania, però mi piange il cuore l’aver scoperto che quando mangio prosciutto arricchisco un produttore tedesco;

14. Da storico della Calabria, piango ancora di più pensando a quando la suddetta Calabria era piena zeppa di maiali.

Conclusione, bisogna allevare più maiali, e farci non solo il prosciutto, ma i calabresissimi capocollo, soppressate e simili. E siccome i maiali non si allevano, e tanto meno si macellano da soli, ci vuole qualcuno che si dedichi a tale antichissimo e nobilissimo mestiere; il che intanto ci farebbe risparmiare un mare di soldi, e creerebbe posti di lavoro e nell’allevamento e nell’indotto e commercio e consumo, nonché nell’agriturismo e turismo in genere.

I maiali non si allevano in città, e ciò fa comprendere come si possa, con essi, ripopolare le nostre reinselvatichite brughiere e boscaglie abbandonate al dissesto e all’incendio, e vuote di umanità; e rimettere a coltura i terreni; e recuperare quella civiltà contadina di cui tanti italici parlano con entusiasmo solo quando a zappare è qualcun altro.

Afferma poi il “Pennisi” di essere sicuro che il bilancio è stato presentato. Bene: mi recherò negli uffici comunali per prenderne visione. Se lo trovo, bene; se mi dicono che non c’è, informerò i miei telespettatori e i miei lettori che non c’è; e la notizia giungerà anche a “Pennisi”, per alcune ore di vergogna.

Infine, il “Pennisi” mostra di ignorare il significato in lingua italica di bigliettaio, che significa addetto alla vendita di biglietti all’ingresso di cinema e teatri. Vendere i biglietti della Madonna a mare significa offrirli per strada e spiagge e dovunque in cambio di un prezzo, destinato al finanziamento della festa. Nel 2009, ultima volta, io ho consegnato la bella somma di euro 2.078,00, qualcosa in più del 20% del totale, il tutto guadagnato con le mie manine. Sta scritto sul registro, a disposizione di “Pennisi”.

Ulderico Nisticò

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