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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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IL CASO PILINGA
Poi il discorso è scivolato anche sulla Pilinga in genere, e qui mi tocca fare lo storico locale. Ancora mezzo secolo fa tra Soverato e Catanzaro Lido non c’era quasi nulla, tranne alcuni antichi e piccoli agglomerati. Si diceva ancora Muscettola per Montepaone, o, in alternativa, “a stazzion’e Muntauru”; e tra queste località si nominava con un tono ambiguo la Pilinga. Non è forse colpa degli abitanti, quanto dei qualche loro remotissimo antenato, quando la località si disse, in greco, “spelynx”, grotta, accusativo “spelynga”, pronunzia bizantina “spilinga”, che resta nel nome del paese vibonese Spìlinga, mentre il nostro (s)Pilinga prende un accento piano neogreco. Che fosse una grotta male abitata o non piuttosto una “lavra” di eremiti, non ci è dato di saperlo. Il territorio mostra delle grotte naturali, e un giorno magari le esploreremo. Pilinga, Sant’Angelo, Timponello, San Nicola, Militì, il Cece, Casinello, Magazzini, e Muscettola, sia che voglia dire moschea, sia, più probabilmente, fortezza come Moschetta sotto Gerace, erano località isolate, fin quando la recentissima esplosione urbanistica non creò, verso gli anni 1980-90, un continuo abitativo che comprende ininterrottamente territori di Petrizzi, Montepaone, Montauro, Gasperina e Stalettì: accostamenti di ville e case, con poco o nessuno spazio comune e per la socializzazione. La Chiesa, che è sempre più avanti di certi schemi laici, ha istituito una sorta di parrocchia trasversale, che, sia pure ancora senza un vero edificio di culto, è l’unico punto di riferimento per ben 2.500 anime. Meritevolissima è dunque l’intenzione di don Rattà di intensificare le attività sociali e culturali attraverso l’opera non solo religiosa della parrocchia. Una parrocchia da frequentare. Questa è intitolata a san Bruno e al beato Lanuino, e costituisce dunque un riconoscimento alla nostra secolare storia; e a quando Montepaone, Gasperina e Montauro, pur casali di Squillace, erano feudi della Certosa, e i parroci venivano nominati dal priore. Ulderico Nisticò
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