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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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ENJAMBEMENTS E DANTE
Se quella di Benigni nel recitare Dante, di ignorare gli enjambements, è una sua scelta, diciamo solo che è una scelta, e che è libero di adottarla. Continuo a non condividerla per buone ragioni interne al testo dantesco. L’Alighieri si formò, come spesso egli spesso ripete, sui poeti latini, e in particolare su Virgilio, il quale usa solo l’esametro dattilico. Questo, il verso epico per eccellenza della poesia greca e latina, è un’esapodia di dattili (una sillaba lunga e due brevi), o di equivalenti spondei (due sillabe lunghe), catalettica in syllabam, che può dunque giungere a diciassette sillabe toniche, e di più considerando le elisioni; con un minimo di tredici. L’endecasillabo italiano, tra i più lunghi dei nostri versi semplici, è di sole undici sillabe toniche. Un poeta italiano che voglia tradurre dal greco o dal latino, generalmente usa un verso e mezzo per rendere un esametro. Il tentativo di metrica barbara, dal Certamen coronarium al Campanella al Carducci, non ebbe molto successo. Poiché ognuno parla per sé, io stesso, volendo, in “Poliporto. La leggenda di Eutimo e Caritea” della scorsa estate, rendere il lunghissimo, eppure rapido verso virgiliano“Quadrupedante putrem sonitu quatit ungula terram” che è olodattilico, e perciò di diciassette sillabe, ho fatto ricorso a verso doppio:“che con il quadruplice zoccolo percuoti la polvere”. Si dice che Dante, anche consapevole di questo limite dell’italiano, intendesse comporre in latino il suo poema: grazie a Dio che cambiò idea. Resta però il problema, e l’Alighieri lo affronta proprio con l’uso degli enjambements, a volte lunghissimi. Ne cito uno solo, davvero infinito, in Par. III:“Perfetta vita ed alto merto inciela Altri versi danteschi sono, al contrario, così volutamente stringati e densi che vanno letti da soli. Cito, da Inf. XXVI, “infin che il mar fu sovra noi rinchiuso”, che anzi va diviso in due parti secondo la cesura: la prima a mostrare la potenza dell’onda, l’altra, in un’agghiacciante quiete di morte, e narrata da chi, Ulisse, ebbe l’irrompere addosso del mare come ultima vista terrena.Pertanto io, nelle molte occasioni professionali e culturali che ho di recitare Dante, tengo conto, ove necessario, degli enjambements; e dove no, no. Se altri compie altre scelte, mi limito ad osservare che la giustificazione addotta è debole. Complimenti però a chi interviene, una volta tanto, su argomenti alti e nobili, lasciando da parte ripicche, invidiuzze, gelosie, e congiure elettorali che spero siano clamorosamente già fallite sul nascere.Ulderico Nisticò ARTICOLO CORRELATO:
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