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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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NEL LONTANO 1970
Così gli Statuti di Catanzaro del 1473, che, come si legge (peccato che il testo sia un po’ mutilo) favoriscono la massima partecipazione alla vita politica cittadina. Fedele alle leggi del Regno, non oso negare a nessuno di dire la sua sulle elezioni, anche le nostre, le comunali di Soverato. Però c’è che io, tra l’altro, faccio lo storiografo e delle cose generali e di quelle particolari, e di quelle antichissime e di quelle recenti; e di quelle che leggo in documenti, e di quelle di ricordo io personalmente. Era il 1970, e io, per quanto reduce dal Sessantotto e da tante altre vicende, non potevo ancora votare. Non chiedetevi perciò per chi ho votato, e immaginate cosa avrei fatto. Disgraziatamente potevano votare i cittadini maggiorenni di Soverato. Narriamo i fatti. Dal 1953 Soverato vedeva la prevalenza della Democrazia Cristiana, sebbene fino al 1962 unita, in lista civica, alla destra monarchica e missina; poi iniziò il centrosinistra nazionale, e anche Soverato si adeguò, alleandosi, in maniera conflittuale e confusa, con i socialisti e simili. Ma la DC versava in male acque, se contro Antonino Calabretta, sindaco da anni, si levò una fronda interna guidata da Pasquale Gioffrè da’ stazzioni. Si tenne un congresso cittadino, e Gioffrè batté Calabretta. È qui necessario spiegare ai meno anziani come si facevano i congressi della DC in tutta Italia: i diversi capi corrente si procuravano, in genere pagavano, delle tessere e relative deleghe, e contavano tanti voti quante tessere possedevano: alla faccia della democrazia in genere! Il Gioffrè, divenuto segretario, annunziò di voler essere il candidato ufficiale a sindaco; ma lo stesso fece il Calabretta, mettendo assieme una lista civica. E si scatenò sopra Soverato una tempesta atomica, nella quale si infilarono praticamente tutte quelle che negli elenchi dei giornali si chiamano le autorità civili, militari e economiche e finanziarie, nonché religiose; sì, anche queste, ovvero, per la prima volta nella loro storia e fino a ieri ultima, i salesiani: le due fazioni democristiane si contesero il loro appoggio; e, a colpi di tessere misteriosamente moltiplicate come i pani e pesci, la presidenza degli Exallievi. “Niente di nuovo sotto il sole”, evidentemente: Ecclesiaste, 1, 9. Da quella vicenda del 1970 l’Unione uscì massacrata, per risorgere solo dal 1995 al 2008 escluso. Anche Soverato pativa l’effetto di eccessivi e infondati entusiasmi rivoluzionari di alcuni cattolici improvvisamente convintisi che la storia della Chiesa, anzi del mondo, sia iniziata nel 1962 e non, come è, verso il 30 dopo Cristo; e di salesiani che passarono nel giro di una notte dalla Controriforma più tomistica a posizioni che, a parole, erano assai più libertarie di un libertino del XVIII secolo e di un radicale pannelliano; e fu tutto un proclamare democrazia, parola che, fino a quel momento, ogni salesiano pronunziava solo con un sorriso di compatimento. Da qui a ficcarsi in politica, il passo è breve! Il peggio del peggio di sé, in quella primavera del ’70, lo diede però la destra soveratese, laceratasi tra sostenitori accaniti di Calabretta e sostenitori lupeschi di Gioffrè. Banale dire che, ingenuotti com’erano, i miei camerati furono i più convinti e fanatici dei due schieramenti; che intanto si laceravano in liti anche di bassa lega nelle famiglie e sul corso. Diàbolos è colui che separa. Come finì? Che Calabretta ottenne 7 consiglieri, Gioffrè 4; e siccome 7+4=11, ecco che la DC, riappiccicata al volo (“il potere logora chi non ce l’ha”, insegna Andreotti), si beccò gratis la maggioranza consiliare assoluta, e, sindaco un’altra volta Calabretta, fece il suo comodo fino al 1975; e fu uno dei momenti peggiori del trentennio da dimenticare 1963-93! Ma tutti quelli che nel ‘70 avevano fomentato le liti e si erano imprudentemente esposti, laici ecclesiastici civili militari e bancari, vennero saggiamente trasferiti il più lontano possibile, ovvero a far danno altrove. Se la storia insegna qualcosa, io, al posto dei salesiani del 2011, eviterei di derogare da una linea di accorto e dignitoso distacco, così onorevolmente e proficuamente condotta dal 1904 ad oggi, con quella sola infelice eccezione del ‘70. Però, ai sensi degli Statuti del 1473, non intendo negare la partecipazione a nessuno, e aspettiamo, s’intende per purissima curiosità, di sapere per chi voterà la parrocchia della Marina; e come andrà a finire.Ulderico Nisticò
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