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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE
Finita la guerra più per crollo del nemico che per vittoria dell’Intesa, l’Italia liberale gestì la situazione come peggio non si poteva, e in politica estera, mostrando pavidità e deferenza verso gli sleali alleati occidentali, e in politica interna di fronte a una grave crisi sociale ed economica. Se ne avvantaggiarono inizialmente i socialisti, vincendo le elezioni del 1919, ma rivelandosi, come sempre nella loro storia, inconcludenti e divisi, oltre che, in gran parte, sensibili ai richiami del sistema. Anni dopo Mussolini, che li aveva conosciuti bene, così disse dei vari Turati, Treves eccetera: “Erano dei borghesi che provavano orrore del proletariato e temevano una cosa sola: la rivoluzione”. Potevano far valere il loro peso elettorale, e invece si lacerarono tra velleità eversive di occupazione delle fabbriche e piccolo cabotaggio nei meandri del potere. Già verso il 1921 molti socialisti in buona fede passato al fascismo; mentre la minoranza più colta costituiva il Partito Comunista d’Italia proprio in spregio dell’inconsistenza socialista. I liberali crollavano sotto il peso dell’incapacità di governo, i neonati popolari aspettavano chi vincesse come Mezio Fufezio! Il piccolo ma combattivo e disciplinato movimento dei Fasci, poi Partito Nazionale Fascista, attirò a sé tutti i gruppi nazionalisti e le menti capaci di concepire un socialismo nazionale, e Mussolini fu la sintesi di tutto il composito ambiente. Si scatenarono frequenti scontri armati tra fascisti e socialisti, mentre il governo pavidamente stava alla finestra. Sentendosi dominante e forte di un crescente consenso, e reprimendo, grazie a Michele Bianchi, tentazioni moderate e da Alleanza Nazionale in anteprima, il fascismo decise di accelerare la presa di potere con un atto simbolico di occupazione di Roma, avvenuto poi senza colpo ferire. Era al governo un ometto della covata di Giolitti, Facta, il quale aveva chiesto al re di firmare lo stato d’assedio, cioè di ordinare all’esercito di fermare la Marcia. Il re si rifiutò per un mucchio di ottimi motivi; e incaricò Mussolini di formare un ministero. Sostennero questo molti liberali, i popolari (Gronchi, futuro presidente della repubblica, fu sottosegretario), e i senatori, allora a vita e di nomina regia. Fu quasi scontato che l’esercito non si sarebbe opposto ai fascisti per assicurare la poltrona all’insignificante Facta, ma, se fosse successo qualche incidente, era politicamente importante che Mussolini se ne tenesse lontano. Il coraggio personale non c’entra: Benito, come tutti gli interventisti, aveva combattuto, e venne seriamente ferito in azione per lo scoppio di un mortaio; i figli furono aviatori nelle future guerre, e Bruno è medaglia d’oro alla memoria. Tutte notizie che sul libro di testo non si trovano! Leggere, ragazzi, leggere! Se poi, ma ne dubito, si farà qualche cenno credibile alle ultime ore di Mussolini, esse sono così avvolte nell’incertezza che nemmeno le circostanze della morte sono in qualche modo sicure. Il comunista che si vantò di averlo ucciso, Audisio, la raccontò negli anni in troppi modi diversi e persino contrastanti; e sono state formulate molte altre ipotesi. Forse non sapremo mai la verità, Ora ci manca solo lo storico ci riveli che Mussolini ebbe delle amanti, e magari speri di convincermi a provare uno sdegno da Rosy Bindi. Prevenire e meglio che curare: la Balabanov, la Sarfatti, la Petacci, tra i nomi più importanti; senza dire che la stessa donna Rachele diventò moglie legittima solo nel 1926. Cose che succedono: anche Hitler fino al 1932 era cittadino austriaco. E quanto ad amanti, speso vi bastino i Kennedy. Certo, le donne del duce non erano veline, meteorine, cubiste e caratteriste da telenovele e buona la prima; ma erano altri tempi, e attrice era Eleonora Duse: non è colpa mia se oggi è tutto più terra terra, modesto e passeggero. Ulderico Nisticò ARTICOLO
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