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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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AUTO D’EPOCA, INDUSTRIE D’EPOCA
Il corteo delle auto d’epoca da Soverato raggiunge Mongiana, e lì, recita il programma, visita il Parco e la Fabbrica. Il Parco bene o male lo conoscono tutti, ma forse molti, troppi non sanno della Fabbrica d’armi, della Regia Fonderia di Mongiana. E già, se ne parla pochissimo e niente, soprattutto in questo 2011 che celebra il centocinquantesimo della proclamazione del Regno dei Savoia, e mica si può pretendere che i cultori di Garibaldi, Cavour e Vittorio nonché Mazzini ammettano che prima di questi illustri signori in Calabria c’erano le industrie, e ora siamo l’ultima regione d’Europa! E invece c’erano, eccome; e nessun calabrese mai emigrò per fame. Stilo vantava ferriere dai tempi bizantini; man mano che si esaurirono i boschi usati come combustibile, le fucine vennero trasferite a Bivongi, Pazzano, Ferdinandea, e nel 1768 a Mongiana. Ferdinando I di Borbone e i suoi successori, ma anche Murat, dedicarono ogni cura all’opificio, che produsse armi da fuoco e bianche, ma anche statue e pregevoli lavori artistici di ferro e ghisa. Quasi tutto è andato disperso, ma restano due busti di Ferdinando II, uno conservato a S. Andrea I., l’altro a Locri; e una statua dello stesso grande sovrano. La fabbrica era essa stessa un’opera d’arte: fu il secondo edificio al mondo a essere sorretto da struttura di ferro, preceduto di pochi mesi da un edificio inglese. Poggia su colonne di ghisa modellate come un tempio greco. Chi visita Mongiana venendo da Serra, percorre un chilometro e mezzo di case tutte uguali, di solida pietra: un pianterreno, un primo piano, un sottotetto. Per i secoli XVIII e XIX, abitazioni molto dignitose. Per quali privilegiati erano state costruite? Per le maestranze di Mongiana, per i lavoratori! Ah, leggete Hugo, leggete Dickens, Marx, in che miserabili e squallide condizioni campavano a stento gli operai francesi e inglesi. Evviva Ferdinando II! Il complesso siderurgico era di proprietà del Regno (non del re, come confondono gli storici della domenica!), e non soggetto alle canaglie regole del liberalismo francobritannico dell’Ottocento. Nel 1860 Garibaldi fece occupare Mongiana; il governo italiano la chiuse, finché non si tentò una modesta ripresa ad opera dell’ex garibaldino Achille Fazzari, quanto bastò a farsi un palazzo a Catanzaro, poi la condusse dritta dritta al fallimento, che si completò una ventina di anni dopo. Il polo industriale delle Serre divenne uno dei peggiori inferni dell’emigrazione. Un altro esempio di cosa intendevano i patrioti settentrionali per unità d’Italia alle spese del Meridione. Mongiana però è anche il Parco, che ospita flora e fauna di grande interesse, e attira gitanti. Quasi nulla si fa invece per utilizzare l’archeologia industriale come richiamo turistico. Alle solite.Ulderico Nisticò
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