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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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I BRONZI UMANI
E, i Bronzi, l’arte... sentite, volete sapere come la penso? Che statue come i nostri due Marcantoni a noi paiono eccezionali perché conosciamo solo loro e poco altro; e i Greci ne dovevano avere a serque per ogni paese o tempio; tanto più qui da noi, se il primo a scolpire realisticamente il corpo umano fu Pitagora di Reggio. Poveri Bronzi. Già da quando li hanno scoperti, ecco l’immancabile giallo con immancabile piovra della mafia: erano due, erano tre, era tutto il cucuzzaro? E lo scudo? E il portasigarette? Ed ecco che arrivò il dotto a dichiarare che erano venuti da fuori, mica roba nostra, e li aveva fusi Fidia in persona, purché altrove: prove, zero. Naturalmente, tutti orgogliosi, invece di mandarlo a frasche! A proposito, Fidia venne accusato di aver fatto la cresta sulla statua criselefantina di Atena; nel dubbio, se l’era svignata per difendersi non nel processo ma dal processo: vedi, al contrario, Socrate qualche anno dopo. Eh, tangentopoli eterna! Intanto la disgustosa calabra retorica si tuffò a pesce sui due nerboruti: il massimo della bufala lo colse il fu Mino Reitano, ormai in precipitoso decadenza da cantante normale e di successo a testimone ufficiale della calabrese depressione e piagnisteo, e canto così: “Bronzi di Riace, guerrieri della pace”. Della pace, quei due tagliagole, quei due assassini razionali, perfetta versione maschile della lucida decisione della dea di uccidere Ettore. Leggetevi il XXII dell’Iliade. Ecco, la buffa pubblicità sortisce, senza volerlo, esattamente questo effetto: per la prima volta non abbiamo la solita Calabria sublime, cioè orgia di belle vuote parole da tema in classe; la solita Calabria buonista ma anche; la solita Calabria mafiosa ma anche, bensì siamo facoltati anche noi a sorridere di noi stessi e del mondo come hanno sempre fatto tutti, i Greci e i Romani e Dante (leggete la fine del XXI dell’Inferno!), senza la gobba d’ordinanza degli intellettuali; senza quella faccia seriosa dei giornalisti del TG3 quando presentano libercoli antimafia mai letti da niuno, e annunziano ad ogni starnuto di passero che finalmente inizia il riscatto della Calabria; o Franco Corbelli quando, con passaggio ogni giorno dal suddetto TG3 (un altro mistero!), piange qualche disgrazia in fondo modesta e arrangiata, però con la faccia di uno che lamenta il Diluvio universale o l’imminente Apocalisse; o il degno ecclesiastico quando, in spregio della storia e della cronaca, si sforza di proclamare che i calabresi siamo di animo mite e devoto. Basta con la Calabria da cartolina illustrata, da guida turistica fasulla, da storia ridotta a fucilazione di Murat, da esasperazione verbale di concetti quotidiani, da popolo barocco e dotti rimasti al XVIII secolo: i Bronzi che se ne vanno in vacanza, magari a donne tipo Taide o Aspasia, mi stanno simpatici; che si acquattano per non esseri visti dai professorini politicamente corretti e costretti a recitare la parte delle persone serie, essi hanno tutta la mia solidarietà. E ci rido sopra, essendo uno dei pochi dallo Stretto al Pollino che ogni tanto se la piglia allegra, rinviando al prossimo millennio il riscatto eccetera. E qui per concludere voglio citare il mio camerata e amico Piero Vassallo di Genova, uomo dottissimo, il quale spesso mi dice così: “Tu hai l’umorismo soggettivo; gli altri, l’umorismo oggettivo”; e spiega: “Tu sai ridere; tanti altri, fanno ridere”. Soprattutto quando prendono le sciocchezze sul serio. Se i Bronzi mi mandano un messaggino per farmi sapere dove sono, quasi quasi li vado a trovare. Ulderico Nisticò
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