|
Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
Numero 292 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
FONTANASECCA
Qualche anno fa un’Amministrazione comunale con velleità artistiche la sostituì con una statuetta vagamente neoclassica, raffigurante, grosso modo, una specie di ninfa nell’atto di versare acqua da un’anfora... dove invece, per sua natura, l’acqua dovrebbe entrare! Io (vedete dove va a ficcarsi la filologia greca e latina!) provai a pensare che intendesse essere una delle Danaidi, Danai genus infame di Orazio: erano la bellezza di cinquanta, sposarono gli altrettanti cugini figli di Egitto, però li uccisero la stessa notte di nozze, tutte tranne una. Sono perciò condannate nel Tartaro a versare acqua in un pozzo senza fondo. Forse la nostra figuretta era una di loro, ma io rinunciai ad approfondire. A proposito di mito e se qualcuno non se ne fosse avveduto, in Poliporto, la leggenda di Eutimo e Caritea, viene cantata l’acqua di Agheusto: non è altro che l’Insipida, àgheustos, da gheuo, aver sapore. Chiarisco che è pura fantasia di chi scrive. La fanciulla di pietra suscitò non pochi commenti, questa volta non insipidi bensì sapidi: si notò che l’anca, messa in mostra, era troppo grossa e poco distinguibile dal deretano per mancanza di curvetta; qualcuno, più rustico, si chiese se la posizione a gambe leggermente divaricate non fosse indizio di indelegabile esigenza fisiologica da espletare sul posto... e così via con le battutacce. Come che fosse, abbiamo bevuto alla statua come alla vecchia fontana, e ci siamo spesso anche lavati i piedi. Un brutto giorno però smise di versare dalla brocca bucata. Cos’è successo, si chiedono e mi chiedono dei vecchi soveratani? Si è esaurita la vena? Qualcuno ha causato un danno a monte? Ebbene, e male che vada, la si colleghi alla normale rete idrica: non sarà più la nostra cara insipida, ma almeno avremo dell’acqua! L’acqua, bene prezioso. Oggi ne facciamo largo uso e abuso; un tempo, e neanche tanto tempo fa, era rarissimo, e beati quei luoghi che ne avevano disponibilità. La piccola Santa Maria di Poliporto (dal 1882 Soverato Marina) godeva della benedizione di sorgenti naturali. Se ne ricordano almeno quattro: una detta della Galleria; una all’altezza dell’Hotel S. Domenico; quella detta di Gregoraci, a Supa, e l’Insipida. Erano sorgive, e scaturivano dalla collinetta sormontata dalla Torre Galilea; poi le incanalarono. Davvero un’abbondanza d’acqua ben poco comune per un paese costiero, e che spiega in parte la funzione di attracco esercitata dal nostro territorio dai tempi più antichi. Soverato, dal 1882 Soverato Superiore, aveva il Canale e Caramante. Di questa abbiamo molte cose da dire, a suo tempo. Via via che la Marina si estendeva verso mezzogiorno, vennero scavati numerosi pozzi. La Calabro – Lucana, per alimentare i suoi treni a vapore, trovò l’acqua a oltre 30 metri di profondità, raccogliendola in un caratteristico deposito, tuttora visibile alle spalle della stazione di Trenitalia. Verso gli anni 1960 dell’acqua si giovò tutta Soverato. Arrivava intanto, da Satriano, l’acquedotto, e le vecchie preziose fontanelle non si resero più necessarie. Ma alla povera Fontanasecca di via Marina, ridatele l’acqua.Ulderico Nisticò
Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese
|