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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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I COMMERCIANTI E IL CORSO
No, cari amici commercianti del corso. Le vostre fortune non dipendono dalle auto in doppio oppure unico senso, dai parcheggi, da qualche rara festicciola, dalle fioriere... beh, scini, dal greco schoinos... o dalle vetrine o dalla musica e nemmeno dall’aria condizionata o dalle commesse giovani e graziose; tutti ammennicoli aggiuntivi, che magari piacciono e un poco aiutano, ma a patto che ci sia l’essenziale dell’arte: la merce al giusto prezzo. Se no, è come mangiare in un piatto di ceramica di Capodimonte, però sopra si sono sofficini e patatine congelate. Le regole del commercio fin dai tempi di Adamo ed Eva sono semplici e indiscutibili: uno avverte la necessità o il desiderio di procurarsi qualcosa; qualcun altro la offre; avviene, esplicitamente o implicitamente, una trattativa. Bisogna dunque che la merce ci sia, e della qualità richiesta; e che venga trattata non a prezzo basso ma a iustum pretium, come insegna s. Tommaso d’Aquino. La determinazione del prezzo è un’operazione delicata: dipende dalla qualità ma anche dalla quantità della merce offerta, dalle spese sostenute dal venditore, dalla sua politica di vendita e, forse sopratutto, dalla vivacità e frequenza degli scambi. Traduzione in termini terra terra: se uno vende tutto l’anno, può tenere i costi e i prezzi “spalmati”; se vende una settimana, in quella è tentato di rifarsi della disperazione delle altre 51! Il prezzo giusto viene pagato volentieri. Voglio ricordarsi un saggissimo proverbio dei nostri vecchi: “Do caru, accatta; do mercatu, pensa”. Quando una cosa costa poco, poco vale e poco dura. Commercio serio è quello che vende in tempi ordinari, e, se proprio avanza qualcosa, la svende ai saldi; non quello che non vende mai... tranne che in tempo di saldi! Il commercio di Soverato, assediato da una miriade di appetitosi centri commerciali, ha una sola speranza di salvezza: puntare sulla qualità e della merce e della professionalità di chi la vende. Nei non mai troppe volte deprecati anni 1970-80 tutti gli sfaccendati del territorio hanno aperto un negozio a Soverato, dovunque e di qualsiasi cosa. Nessuno ha mai osato varare un piano commerciale; nessuno ha commissionato un’analisi di mercato prima di aprire. Il risultato fu una proliferazione di esercizi e un crollo della qualità. Inviterei i miei concittadini a farsi un giro non a Roma, ma in alcuni paesi del circondario: la maggior parte dei negozietti di Soverato ha il suo equivalente in moltissimi altri centri; non era così mezzo secolo fa, ma intanto è passato mezzo secolo! La concentrazione delle attività produce conseguenze pesanti sull’affollamento di auto e persone in poco spazio. La Soverato commerciale del 2011 è la stessa del 1950: dalla stazione al passaggio a livello; tutto il resto sono i disgraziatissimi dormitori dissennatamente creati nella zona via Amirante, sulla (ex) Panoramica, e di recente a Mortara. Una soluzione sarebbe decentrare. Va ripensato dunque tutto l’assetto del commercio in città e per tipologia e per servizi e per collocazione topografica. In tutto questo bel ragionamento, come vedete, il corso chiuso o aperto o a senso unico non c’entra quasi niente. Quanto al traffico, aspettiamo l’esito dell’esperimento prima di parlare. Ulderico Nisticò
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