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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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MONTAURO TRA STORIA, ARTE E MIRACOLI
La relazione di U. N. ha preso le mosse dalla storia di Montauro. Il toponimo Mentrabion compare in un documento del 1243 del Syllabus del Trinchera, pubblicato in edizione critica dallo stesso U. N. già alcuni anni fa. Se lo pronunziamo in neogreco, il nome è Mentraurion (Mantraru, in dialetto stretto), il che potrebbe aver indotto, per elegante vanagloria, alla forma Montauro intesa come d’oro. Il rasoio di Occam, ha spiegato N., va sempre applicato in storiografia, cercando l’ovvio ed evitando sempre interpretazioni fantasiose da sbarco di Ulisse e altre bufale, e da solleticare la superbia localistica. Del resto non esiste una storia locale, ma solo la storia, e obbedisce agli stessi criteri qualunque cosa narri, da una guerra mondiale a vicende quotidiane. La chiesa appare in documenti del XVI secolo, ma dev’essere più antica. Intanto il culto di san Pantaleone si legge agevolmente come uno dei moltissimi santi greci bizantini spesso legati alla guerra (Agazio, Sostene, Teodoro, Barbara... ), comunque venuti assieme ai coloni soldati mandati a difendere la costa dai Saraceni (Andrea, Gregorio, Caterina d’Alessandria, lo stesso Pantaleone... ). L’imponente edificio è, secondo Marascio, una chiesa-fortezza; o, ipotizza N., una fortezza adattata poi a chiesa. Sono esempi evidenti la Roccelletta propriamente detta (la chiesetta al bivio di Borgia), la chiesa di S. Sostene nel paese omonimo, il convento della Pietà... Marascio prende in esame i rifacimenti della chiesa, con particolare attenzione alle opere d’arte, dagli splendidi altari agli affreschi e a un quadro assai vicino a Mattia Preti se non davvero suo. N. ha ritenuto di speciale interesse il fenomeno della liquefazione del sangue del santo, che si verifica due volte l’anno, il 6 febbraio e il 27 luglio, da quando la reliquia giunse, nel 1753, da Napoli. Un evento che, ahimè, resta quasi sconosciuto persino a Soverato. La traslazione della reliquia è raffigurata in un affresco (assai bisognoso di cure e restauri) che pare applicare la tecnica di un film, dallo sbarco all’arrivo. Mostra la grangia di Sant’Anna com’era prima del terremoto del 1783, una fortezza appartenente alla Certosa. Qui ci fermiamo per lasciare questa curiosità: la sola Montauro avrebbe tanta storia da far lavorare decine di giovani studiosi e archeologi, e in vista di un turismo culturale che qui non c’è. Avrebbe, se la cultura ufficiale calabrese, e quella regionale in specie, usassero preoccuparsi di storia, arte, letteratura e cose simili invece che di piagnistei e antimafia. Ulderico Nisticò
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