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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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IN MARGINE AL CONVEGNO SULLA GRANGIA
In breve. Siamo nel 1243. La Certosa di Santo Stefano
del Bosco, dal 1192 cistercense, e il cenobio greco di San Gregorio di
Stalettì avevano da anni un contenzioso per la proprietà di certi fondi; la
cosa venne all’orecchio niente di meno del Laterano (lì era allora la sede
papale), il quale dispose che compissero un’ispezione i vescovi di Catanzaro
e Ginecocastro, l’oggi Belcastro. Siccome, maligno io, le ispezioni non si
sa mai cosa possono trovare, i due monasteri pensarono bene di prevenire
l’arrivo dei presuli mettendosi d’accordo, e si recarono a Squillace dal
notaio Pellegrino Samonà, il quale ci ha lasciato questo testo, che qui
diamo tradotto: “Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dell’Incarnazione di Nostro Signore 1243, nel mese di giugno, I della presente indizione, nel regno del nostro imperatore e re Federico [II]. In memoria degli atti che si compiono si assunse saggia e libera decisione, perché le azioni compiute dagli avi non patiscano dimenticanza nel tempo, metterle per iscritto, perché si ricordi il passato e lo si abbia presente. Perciò noi, Gerasimo, monaco e per grazia di Dio igumeno, e il cenobio di S. Gregorio Taumaturgo, con il presente pubblico strumento dichiariamo, finché sarà, ai presenti e futuri, che i nostri predecessori hanno avuto una questione legale con l’allora priore di S. Stefano del Bosco, cioè don Pietro e il suo convento, di fronte ai potentissimi vescovi di Catanzaro e Ginecocastro, inviati come giudici dalla Sede Apostolica, circa alcuni diritti su alcuni poderi nelle pertinenze di Squillace che sono dette de Agrariis (Agraria), e che il nostro cenobio possiede come sue pertinenze. Prima però che tale lite si protraesse con lungaggini, essendosi interposti amici di entrambe le parti, a fin di pace e si giunse a questa decisione e accordo bonario, che il nostro cenobio di S. Gregorio pagasse ogni anno al convento di S. Stefano del Bosco sette rubi di frumento e altrettanto di orzo. E poiché sulla misura di dette messi spesso tra le parti sorse una controversia, con questo accordo abbiamo stabilito che tu, don Andrea, per grazia di Dio priore, e il convento di S. Stefano del Bosco, da parte del ricordato convento di S. Stefano, cediate in perpetuo, a titolo di permuta, a noi e al ricordato cenobio di S. Gregorio ogni diritto che un tempo concernette e in ogni tempo futuro concernerà a te e al tuo convento; così cediate a noi qualsiasi diritto e potere che spettano allo stesso convento di S. Stefano e possano spettare sui poderi di Agraria, e rinunciate a qualsiasi ricorso a decisioni e sentenze sia canoniche sia civili, come risulta dal documento che ci avete consegnato, fino ai poderi di Agraria, che sono nel territorio di Stalettì, e sono così delimitati, come si evince dal documento fatto da voi a noi. Questi poderi si chiamano così: i poderi del Campo, il podere di Sambataci, il podere di Cropani, il podere detto di S. Luca, e il podere detto alla Scala. Per la ricordata cessione che ci avete fatta, noi demmo e consegnammo a voi, a nome del detto convento di S. Stefano del Bosco, alcuni dei beni del nostro cenobio che sono siti nel territorio del villaggio di Montauro, di cui un appezzamento è nel luogo detto Franco, che abbiamo ottenuto in permuta dai figli del defunto prete Leo Barbara, al confine della via e di Giovanni Geracari; altra parte di terra si trova nel luogo detto Agrilleano al confine del podere di Scepesto e Leone Gunnari; altri appezzamenti nel luogo detto di Franco, che abbiamo ottenuto in permuta dal monastero della Madre di Dio de Vetere Squillace, con alberi da frutta e boschi, al confine dei poderi dei figli di Giovanni Gunnari e di Nicola Climi. E questi beni, come sono nominati di sopra, ve li abbiamo consegnati senza riserve, perché li possegga il convento di S. Stefano del Bosco. Così abbiamo anche consegnano a voi i documenti che giacevano presso di noi. Vi abbiamo dato e consegnato tali beni, perché abbiate pienissima potestà di amministrarli e usarli come beni propri del convento di S. Stefano. Né alcuno di noi o dei nostri successori potrà farvi opposizione: anzi siamo tenuti a difendere e proteggere gli stessi beni per voi da qualsiasi oppositore. Inoltre vi cediamo, a nome del detto monastero, l’intera possessione e il dominio e qualsiasi diritto che il cenobio di S. Gregorio abbia e possa avere in tali poderi, che vi consegniamo, rinunciando in perpetuo a qualsiasi ricorso a decisioni e sentenze sia canoniche sia civili, che sono e saranno pertinenti a noi e al cenobio secondo questa permuta e perenne cessione. E se noi o i nostri successori tenteremo di opporci alla detta permuta e perenne cessione, siamo obbligati e tenuti noi e il nostro cenobio a pagare a voi e al convento di S. Stefano come pena cinquanta augustali; e questa permuta e perenne cessione resti in eterno. Perciò per sicurezza e confermazione dello stesso convento abbiamo consegnato questa carta di assicurazione e di perpetua validità in mano al notaio Pellegrino Samonà, pubblico notaio della città di Squillace, di fronte ai giudici di Squillace, cioè il signor Nicola Sansuno, il signor Nicola di Cosenza, e il signor Rhao Adriano, con i quali come nostri giudici, e con altri probi uomini, per ciò specificamente convocati e chiamati, l’abbiamo firmata, confermata dal detto egumeno Gerasimo e dal suo cenobio e dai detti giudici e testimoni. Io, Nicolò di Cosenza, giudice di Squillace, attesto; Nicolò Sansuno, giudice di Squillace, attesto; Io, Rhao Adriano, giudice di Squillace, attesto. Io, Bartolomeo monaco, attesto e firmo quanto sopra; io, Anicio monaco, attesto e firmo quanto sopra; io, Leonzio monaco, attesto e firmo quanto sopra; io, Teodulo monaco, attesto e firmo quanto sopra; io, Pafnuzio monaco, attesto e firmo quanto sopra; io, Sergio Macrises teste convocato, sottoscrivo; io, Gerasimo monaco ed egumeno, firmo e confermo. Questo documento è stato scritto, sottoscritto e confermato per mano di me, Pellegrino Samonà, pubblico notaio della città di Squillace, nell’indizione mese e anno suddetti”. Tentiamo qui di individuare, con la seguente tabella, i luoghi ricordati nel documento:
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Con gli auspici che gli studi su Montauro continuino con la stessa alacrità e serietà. Ulderico Nisticò
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