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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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MONTAURO 1811 – 2011
Dopo un trattenimento, si sono svolti tre spettacoli: il saggio della scuola civica di teatro; l’atto unico “Per molti altri secoli” di Ulderico Nisticò; il “Cabaret ti amo” di Tonino Pittelli. Non sono mancati eleganti fuochi d’artificio. Un compleanno perfettamente riuscito. * * * Un po’ di commento. Montauro, come quasi tutti i paesi calabresi, ha una storia antichissima, come attestano fonti dell’XI secolo. Tuttavia l’organizzazione territoriale dell’antico Regno meridionale comprendeva solo pochi centri che avevano personalità di Universitas, e tutti gli altri erano casali di città maggiori. Per dirne solo alcuni, Cosenza comprendeva ben novanta degli attuali Comuni calabresi; Taverna confinava con Scigliano, Tiriolo, Catanzaro, l’abbazia di S. Giovanni, e si estendeva fino all’attuale Sellia Marina. Tropea era tutto il Poro. L’Universitas di Squillace abbracciava i territori che oggi sono Borgia, S. Floro, Vallefiorita, Squillace, Stalettì, Palermiti, S. Vito, Centrache, Cenadi, Olivadi, Montauro, Gasperina, Montepaone; un tempo anche Petrizzi, mentre Soverato risulta sempre autonoma. Davoli e S. Sostene appartenevano a Satriano; S. Andrea e Isca a Badolato; S. Caterina per alcuni secoli fu un casale della lontana Arena; Guardavalle con Monasterace, Pazzano, Bivongi apparteneva a Stilo. Nel corso del tempo avvennero frequenti mutamenti e di confini e di stato giuridico. Altra cosa erano i feudi, che non coincidevano con gli assetti comunali: Montauro, Gasperina, Montepaone erano infeudate alla Certosa. Che le circoscrizioni avessero bisogno di essere riviste, era nella natura delle cose, e se ne parlava nel XVIII secolo; ma le riforme “condivise” sono quelle che non si fanno mai, e a realizzare queste come altre modificazioni anche radicali dello Stato furono, a mano armata, gli occupanti francesi. Nel 1806 le truppe di Napoleone, ormai imperatore dei Francesi e re d’Italia, invasero il Regno. Giuseppe, fratello di Napoleone, venne da questi creato re, e, trovandosi ambasciatore in Spagna, promulgò da lì una costituzione, nota agli storici come di Baiona. Per dirla in francese, fu e restò uno chiffon de papier, pezzo di carta mai applicato, e Giuseppe, e il suo sostituto, nel 1809, Gioacchino Murat, governarono con i metodi della monarchia militare; unici, realisticamente, per attuare riforme. Queste, a cominciare dall’abolizione dei feudi (1 agosto 1806) andarono a vantaggio della borghesia illuminista che mise mano sulle terre della Chiesa e demaniali, formando quei latifondi che, due generazioni dopo, s’inventarono falsamente essere di origine medioevale e nobiliare; e dei nobili che, gattopardescamente, si riciclarono al volo in borghesi e ottennero un sogno almeno di molti decenni: trasformare lo scomodo feudo tradizionale regolato da infinite consuetudini in una comodissima proprietà privata di diritto assoluto. Fu anche per questo che i sostenitori di Giuseppe e Murat premettero per la creazione dei Comuni autonomi, governati in modo da gestire a loro vantaggio le privatizzazioni delle terre. Ciò spiega gli stranissimi confini, e, per dire cosa a noi vicina, com’è che la Pietà e le sue terre, da sempre di Soverato, si trovarono trasferite a Petrizzi dove tuttora si trovano. I Borbone, tornati nel continente nel 1815 e accordatisi con i murattiani (Convenzione di Casa Lanza) non mutarono quasi nulla dell’ordinamento francese; tranne che il Codice Civile del 1818 fu meno canagliesco e più umano di quello napoleonico, restituendo, tra l’altro, il diritto effettivo di proprietà alle donne. Ma i Comuni restarono, anzi se ne aggiunsero altri. Un modesto tentativo di accorpamento si attuò durante il Ventennio con la Grande Reggio, di breve durata. Il conato berlusconiano di abolizione dei piccoli Comuni è fallito al volo. È che il dibattito è stato immiserito come se il problema fosse lo stipendiuccio del sindaco. La questione seria è la corretta gestione del territorio. Studiate una carta dei confini, e farete delle scoperte sorprendenti, per come l’agro del Comune X si insinua in mezzo a Y; e di quali danni abbia provocato la mancanza di coordinamento tra Comuni vicini. Per fare esempi concreti, di come Satriano abbia creato la sua zona industriale dove ce ne voleva una turistica; e Soverato la sua al confine di dove Petrizzi ha messo villaggi turistici. Coordinamento? Neanche a parlarne, a parte convegni e solenni proclamazioni rimaste parole. Occorre istituzionalizzare, rendere obbligatorie, le unioni di Comuni, non solo per i servizi, ma al fine di una politica omogenea. Se questo avverrà, magari qualcuno si accorgerà che la conurbazione è un fatto prima ancora che una formalizzazione.Ulderico Nisticò
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