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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Almeno, si firma.
Film solare, simpatico, gioviale, una sorta di “ballata” sincera e un po' ebbra come un buon vino, ma soprattutto il ritratto di uno sguardo-voce straniero, quello di una ragazzina italo-americana (che pare una Deanna Durbin dei nostri tempi), in una chiave “estiva” (cifra questa che porta echi di tarda commedia rosa anni Cinquanta-Sessanta), nella tradizione del racconto delle “belle contrade”italiane appunto di film come “L'estate” di Spinola, o “Souvenir d'Italie” di Pietrangeli, o “L'ombrellone” di Risi) e insieme il “controcanto” corale di una provincia del sud ritratta in primo luogo con autoironia, e poi con un affettuoso afflato da “situation comedy” (e qui mi sembra di cogliere echi “capovolti” del Germi di “Signore e Signori”, film-mosaico sugli intrighi di cinismo boccaccesco che rivoltano il sapore acre del Sud in un “profondo Nord”). Nel film di Paparazzo, infatti, il “cortocircuito” di una specie di “controimmigrazione” della famiglia americana, con la figlia “wasp” e la madre colta da tardive voglie di affrancarsi da un conformismo familista (in salsa “yankee”) paradossalmente con un incontro-scontro con le sue radici calabresi e i suoi paradossi, si spande in un incastro narrativo che più si avvolge nelle trame minime e nelle “intermittenze del cuore” più serve a dipanare un paesaggio. E' infatti al fondo l'idea di paesaggio, e di paesaggio sentimentale, il “My Land” della proverbiale “riscoperta delle radici” (e anche di un certo qual “orgoglio sudista” fatto in fondo di un intreccio tra vita sognata e vita quotidiana, commedia umana, ambizioni e nostalgie), che nel film emerge in quanto umore e amore, umore di una terra e amore per una terra. Ma quella terra è sì la terra di cinema per eccellenza (tutta da scoprire e ripercorrere anche nelle sue pieghe segrete) che è la Calabria, ma è anche una terra metaforica, la terra sognata e perseguita, raccontata e ricordata, “proiettata” e affabulata del Cinema, come sogno ad occhi aperti, sogno che in una sospensione e apertura da “happy end” può anche diventare realtà, basta un po' di fortuna e può avvenire “come nei film”. Insomma: My Cinema, My Land ...My Land...My Cinema...
10/12/2009 Bruno Roberti : Critico cinematografico, studioso di cinema e teatro. Dal 1985 è redattore e membro del direttivo della rivista Filmcritica. Ha pubblicato saggi su diversi registi. E’ docente di Istituzioni di regia, Stili di regia cinematografica e Didattica del cinema e degli audiovisivi, al corso di laurea in Dams e al Corso di laurea in Scienze dell'educazione.
Aggiungo qualcosa sul Giulivo, su Resurrexit, Ecce Homo... ma no, chi ha visto ha giudicato da sé. Chi no o non ha capito, peggio per lui. E chi prova fastidio nell’apprendere l’etimo della parola teatro, mi cadono le braccia. Comunque, meglio bufale firmate che sempre bufale, e pure anonime. Bravo, Amadori. Ulderico Nisticò ARTICOLO CORRELATO
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