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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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RIFLESSIONI SULLA DOMENICA PAPALE

  


 Vado a Serra con Xenia; passiamo dal neonato e bel Museo della civiltà contadina di Simbario; visitiamo le chiese; mangiamo bene; aspettiamo sotto la pioggia l’arrivo di Benedetto XVI. Intanto vediamo il TG3, e dal campo corto, cortissimo delle immagini deduciamo che la Lamezia non c’erano centomila persone, e nemmeno le quarantamila di cui lunedì parleranno i giornali. Qualcuno borbotta che il papa non è carismatico... e io rifletto che mica è un cantante o un calciatore: i fedeli devono vedere nel papa il Vicario di Cristo; anche gli atei, però, devono riconoscere in Lui il rappresentante della Fede più importante e di una storia due volte millenaria; penso anche che se i fedeli non hanno in simpatia il papa, ci dev’essere qualcosa che non va nella Chiesa in genere, e, per quanto ci riguarda, nella Chiesa calabrese.

 Intanto, scarsa capacità di organizzazione. Per la visita del papa bisognava mobilitare tutte le parrocchie, far ricorso a tutte le energie di ogni genere per sensibilizzare la gente, fornire i mezzi; e non domenica mattina, ma molti mesi prima. Eh, i vescovi calabri sono quelli che per il centenario di s. Francesco di Paola, 2007, si ricordarono alla fine del 2006 di invitare il papa; il quale ovviamente non venne; e il resto del centenario passò quasi sotto silenzio. S. Francesco, un tempo il santo della Francia, di Napoli, della Spagna... Qui lo hanno onorato, come poterono, solo i Minimi. La cultura ufficiale laica, silenzio tombale: già, essa si cura solo di convegni antimafia segue cena.

 Lo stesso per la visita del papa. Vero che essa visita aveva come meta non la Calabria, solo la Certosa; ma aver sentito dire, presenti giornalisti del mondo intero, che la Calabria è terremoti e mafia, sarei curioso di sapere quale genio della storia, della filosofia, della teologia, dell’arte è stato incaricato di raccontare la nostra terra a Benedetto XVI. Evidentemente uno che ignora, che so, s. Paolo a Reggio, il cristianesimo antichissimo, Cassiodoro, s. Nilo, Gioacchino, s. Francesco suddetto, il Sirleto, il Giglio del calendario gregoriano... E sto parlando solo di cose strettamente connesse alla religione, palesemente ignorate.

 Il tizio ignora anche che, grazie a Dio, l’ultimo terremoto è stato quello del 1908, un secolo e tre anni fa. E quanto dovrebbero lamentarsi, poveracci, in Giappone? Invece si tirano su le maniche, e in una settimana hanno ricostruito un’autostrada. A proposito, nei secoli XVII e XVIII, quando i terremoti calabresi furono davvero apocalittici, la ricostruzione fu e resta un modello insuperato, secondo i tempi, di efficienza e rapidità. Neanche questo, ovviamente, hanno raccontato al papa; e del resto i depressi mica lo sapevano.

 Poteva essere dunque un’occasione per far notare al mondo che esiste una Calabria, con i suoi problemi – e chi non ne ha? – e con i suoi pregi. Niente, solo mafia e terremoti.

 La colpa è dunque della cultura cattolica laica. I vescovi non devono fare i professori di storia, dovrebbero saper scegliere i laici; come un allenatore non deve segnare le reti, deve far scendere in campo il migliore centravanti che ha, non magari quello tisico e pauroso però bacchettone, untuoso e accondiscendente, e promosso perciò a buono. Lo stesso accade a certi laici sempre proni di fronte a qualsiasi ecclesiastico, sempre disposti a dirgli di sì in palese... e sempre a dirne malissimo in privato! Se s. Pio V avesse scelto con questi criteri il comandante di Lepanto, cioè un baciapile ipocrita infido, e per di più depresso, invece di don Giovanni d’Austria, le navi italospagnole della flotta cattolica sarebbero dal 1571 a far compagnia ai pesci. Scelse bene, e, con l’aiuto dell’Ausiliatrice, alle sardine ci finì il nemico, e fu salva l’Europa.

 Conclusione: le gerarchie ecclesiastiche in Calabria sono come quelle politiche e della cultura accademica e ufficiale, mediocri, roba da ordinaria amministrazione se tutto va bene, incapaci di un volo di fantasia, di uscire dalla grigia regola, di entusiasmare, di esaltare le anime. Anzi teorizzano il piattume come fosse virtù, l’umiliazione come fosse umiltà, il banale come fosse merito e non, come è, sonno della mente. Di fronte a una visita pontificia non pare abbiamo provato emozione più che in una qualsiasi domenica.

 Quanto alla Calabria istituzionale, era presente q. b. come il sale nelle ricette: quanto basta. A nessuno venne a mente di creare un qualcosa per far bella figura: il libro, un film, una valorizzazione delle memorie storiche. Già, non sarebbe da depressi: e in Calabria uno se non è depresso non passa per intellettuale. Sarà per questo che nessun borghesaccio dice di me che sono un uomo di cultura? Se è così, meno male!

 Quanto a Serra, diciamo che l’è cavata a reggere alla domenica papale. Ma non è che ci fosse chissà quale adunata oceanica manco lì.

 Ulderico Nisticò

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