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Voglio rassicurare gli amici che la sera di venerdì mi chiedevano come mai
non fossi tra i celebrati anch’io. Grazie del pensiero, ma mi hanno già
premiato nella prima edizione, quella del 2010; e due volte di seguito
sarebbe un’esagerazione che io stesso troverei disdicevole. Congratulazioni
agli insigniti del 2011.
Altri mi hanno chiesto il
testo della poesia che hanno interpretato le brave danzatrici, Gianni e
Peppina e il Premiato a sorpresa Tonino Pittelli. Siccome la ritengo
densa di significati, e, quel che più conta, lontanissima dai luoghi comuni
sia dell’esaltazione infantile sia del piagnisteo depresso e deprimente, la
offro al giudizio dei lettori.
Da Elogio
alla Calabria di U. N.
Calabria, se
tu fossi un fiore, non potrei dirti candido giglio
né viola nascosta tra le ombre ma rosa pungente selvatica
che non tutti osano cogliere.
Così è tempestoso il tuo mare, degno di naviganti fortissimi,
e sono densi i tuoi boschi da vivere assieme uomini e lupi.
Così è luminoso il tuo cielo, e cupe le tue nubi d’inverno.
Così brucia il fulgido agosto come fiamma di forgia, e ci copre di grandine
e neve. Bella tu sei, non amena; e susciti desideri, non sogni, non lievi
fantasie del crepuscolo; e ti abitano popoli fieri.
Feconda madre
tu fosti, o nostra Calabria, di saggi,
di dotti, di santi, di forti, di eroi. Rimane nei secoli il nome:
Stesicoro, Ibico, Nosside, Alessi, Alcmeone, Cassiodoro,
Gioacchino, s. Francesco di Paola,
Bernardino Telesio, Campanella, Mattia Preti, Giglio, Sirleto, Gravina,
Fabrizio Ruffo, Florestano Pepe, Guglielmo Pepe,
Francesco Cilea, Corrado Alvaro...
Molti altri non si curarono di fama, e non leggiamo i nomi su libri; ma
vissero tra i nostri due mari e sulle cime dei monti e nelle solide case; e
gloria fu loro il lavoro, e l’opera rese loro, senza poeti, l’onore.
Sia lode a
voi che sradicaste i tronchi
della Sila nevosa e delle Serre
e le falde dell’Aspromonte; a voi
che con pietre squadrate attorno attorno
vi creaste la terra dai dirupi;
a voi pastori di selvagge capre
dalla fronte superba e di lanose
pecore, immensa turba bianca; a voi
che toglieste dalle acque il pesce spada
con la lunga asta e il gran corpo del tonno;
salde braccia di fabbri, abili sarti
dagli occhi aguzzi, rapidi vasai,
tagliatori di legna. E se a martello
suonava la campana Allarmi, ardenti
alla nostra difesa. E a voi che a Dio
bruciate incensi e alla Vergine Assunta,
nelle chiese possenti e monasteri
dell’una e l’altra lingua. E a voi, soavi
allevatrici dell’alato bruco
esperte di telaio; e intorno a voi
i figli d’ogni età, le belle figlie
un battito di ciglia adolescenti,
amanti, spose e madri; e sagge, voi,
cui apparve appena sotto il velo nero
l’argento dell’età. E a quanti ancora
il cuore piange dello star lontano
per la sventura della sorte. A tutti
ed a ciascuno sia in Calabria gloria.
Ulderico Nisticò
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