|
Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
Numero 333 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
IL MIO 4 NOVEMBRE
Il sindaco Rubino, a San Vito, ha fatto affiggere un manifesto davvero lodevole, in cui si ricordavano “Tutti i caduti”. Tutti, cioè, ho detto io, e senza prenderla alla lontana, quelli che nel Risorgimento combattevano per fare una repubblica e quelli che invece hanno combattuto per dare il trono ai Savoia; e quelli che al Volturno, al Garigliano, a Gaeta combatterono per conservare l’indipendenza del Regno delle Due Sicilie, e quindi anche quelli che vennero ingiuriati briganti, e combatterono contro l’esercito piemontese, poi italiano. Trovandomi in una scuola, cosa di meglio che citare il padre della nostra identità linguistica? Ed ecco: Di quell’umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. Ho ricordato agli adulti e spiegato ai ragazzi che Camilla e Turno stavano con i Latini, Eurialo e Niso con i Troiani, e si batterono gli uni contro gli altri e caddero, uniti tuttavia dal comune amore per quella terra; e senza il loro sangue non sarebbero nate e Roma e l’Italia. Vero che l’Italia c’era già per merito del nostro re Italo, e non mi ripeto. Caddero dunque per l’Italia quelli che andarono sfortunatamente in Africa verso il 1890; quelli che nel 1911 conquistarono la Libia; quelli che nel 1915-8 vinsero la Prima guerra mondiale; quelli che riconquistarono la Libia negli anni 1930; quelli che conquistarono l’Etiopia nel 1935-6 (dovremmo ricordare anche le nostre superbe e italianissime truppe indigene); e quelli della Seconda guerra mondiale, che dal 1943 divenne anche guerra civile. E quelli infine che sono oggi in Afghanistan, Bosnia e in mille altri luoghi, e qualcuno viene ucciso; e spesso sparano e uccidono, solo che non è politicamente corretto, e facciamo finta che siano lì a distribuire cioccolatini. Come si vede, manco è vero che tutte le guerre italiane sono state combattute per difendere la patria dai cattivi, o per affermare ideali di democrazia: gran parte dei combattenti del 1915, del 1936, del 1940-5 erano decisamente e consapevolmente antidemocratici quant’altri mai! Si può non essere d’accordo con loro, è ovvio, ma non si può retroattivamente appiccicare opinioni democratiche a Graziani, Ettore Muti... o a Vito Casalinuovo. Non è dunque un paradosso che il Comprensivo di Davoli abbia tenuto, per il 4, una mostra in cui facevano vista di sé e i combattenti davolesi, e i briganti. La storia d’Italia, ho detto a Davoli, è assai più complicata di quella del resto del mondo, e fu quasi sempre scontro di passioni e fedi. Beh, se non fosse andata così, non avremmo avuto né Dante né Michelangelo né Campanella eccetera. Ecco perché (modifica di orario), auspice la preside Scarpino, DOMENICA 6 POMERIGGIO, ALLE 15,30, LE ELEMENTARI DAVOLESI DARANNO VITA ALLO SPETTACOLO DAVOLI 1861 DI U. N., REGIA DI TONINO PITTELLI E MARA CORASANITI, narrazione critica degli eventi risorgimentali e del loro contrario. * * * Non ho detto, invece, quello che qui riservo ai lettori pazienti. Il 4 novembre 1918 entrò in vigore l’armistizio chiesto il giorno prima da quel poco che rimaneva dell’esercito austroungarico. Detta così, sembra che abbiamo vinto la Prima guerra mondiale; e invece, a parte qualche acquisto territoriale, l’abbiamo politicamente strapersa per la stupidità del governo succube dei francesi e di Wilson. L’Italia non doveva concedere l’armistizio nel Friuli, ma continuare l’avanzata, occupare magari simbolicamente e per pochi giorni Vienna e Budapest, e, soprattutto, il Tirolo, e da lì invadere la Germania. Questa, infatti, si arrese solo l’11, e proprio perché non aveva più l’appoggio austroungarico. Insomma, l’Italia aveva vinto militarmente, e una mandria di ministri che già sarebbe stato troppo difficile per loro fare gli amministratori di un piccolo condominio riuscirono a farci perdere. Per avere Zara, dovemmo rinunciare alla Dalmazia; per avere Fiume, ci volle il colpaccio di d’Annunzio, perfezionato solo nel 1924 da Mussolini; niente colonie, niente di quanto ci avevano promesso con il patto di Londra del 1915, per altro un’ancor peggiore castroneria. Insomma, la riflessione storica sul 4 novembre la prendiamo in prestito dal Machiavelli: In Italia “è virtù grande nelle membra, ove non la mancasse nei capi”; il guaio è che manca. Onore dunque ai combattenti di tutte le fedi e di tutte le molte diverse bandiere della nostra variegata patria. Ulderico Nisticò
Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese
|