Soverato Web | Pilacchi

Cosa sono mai questi pilacchi, nel nostro amato dialetto di un dì? Presto detto: dal greco pelòs, sono gli ammassi di fanghiglia che si formano dopo una bella pioggia; donde il verbo riflessivo ni ‘mpilaccamma, che è quello che è accaduto a Soverato dopo la burrasca del 22 notte. Certo, al confronto di Genova siamo nell’oro, ma siccome ognuno piange i guai suoi, io lamento e i fanghi e le canne (absit iniuria verbis) e il sottopassaggio piscina; e non oso immaginare cosa sarà accaduto al Quarzo o COMAC che dir si voglia. La pioggia la manda il tempo, e non possiamo farci nulla: caelo tonantem credidimus Iovem regnare; solo che ci manca un praesens divus. Mi spiego, mi spiego subito: se piove, è colpa o merito di Giove Pluvio; ma se nessuno ha preso provvedimenti, la pioggia diventa un disastro. Ho fondati motivi di ritenere che nella Perla dello Ionio e Acapulco d’Europa non siano mai da tempo immemorabile stati puliti i fossi, le fogne e i tombini, o, se a volte accadde, fu, per dirla sempre in dialetto, u supa supa, giusto per la faccia.

Bisogna intervenire prima, e non dopo il danno. Il sottopassaggio automobilistico deve avere qualche difettone, se ad allagarlo basta molto di meno di un nubifragio: ci sarà pure un rimedio! La pulizia non è un’impresa: servono soldi e voglia. Per la voglia non posso farci nulla, per i soldi, andiamo a chiedere alla nostra amata Regione un poco di quella valanga, o, per restare in argomento, quell’alluvione di soldi che anche quest’anno, come dal 1970, si predispone a restituire a Bruxelles. Meglio sgrassare le fogne di Soverato che ingrassare i burocrati europei.

Soverato non è mica un’isola; perciò soffre di tutti i danni del territorio, che sono dovuti un poco alla geologia e molto all’abbandono delle campagne, e alla sporcizia disseminata in ogni angolo nascosto. Anche per far questo occorrono soldi e lavoro.

Se no, arrivederci al prossimo diluvio.

Ulderico Nisticò

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