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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Quanti Eusebio Chiefari ci sono in Calabria?
E infiniti sono i nostri conterranei che si fanno onore nel mondo; e, ora, anche in Calabria: ricordiamo la scoperta della nicastrina; e queste recenti scoperte del gruppo di Chiefari. Ha ben fatto Eusebio a rendere merito anche ai suoi collaboratori. E ci dà il destro per riflettere: come mai, con tutto quell’elenco di intelletti, stentiamo a trovare in Calabria un’identità culturale? Beh, le ragioni sono due, e la prima è una radicata, quasi psicanalitica difficoltà a riconoscere il merito altrui. Lo scrive rapidamente di tutti i Meridionali lo scrittore Carlo Alianello: “Il nostro peccato capitale è l’invidia. Noi non vogliamo essere felici, noi vogliamo che il nostro vicino soffra!” Senza alcun dubbio le parole più usate dai Calabresi sono “io” e “mio”, ignorandosi quasi sempre il “noi”, tranne che non s’intenda nel senso di gruppo, loggia, lobby, cosca, parentela, che però è lo stesso che “io”. L’altra ragione è che è mancata nei secoli quell’organizzazione della cultura che altrove si dovette alle piccole corti dei Medici, degli Este, dei papi. Fecero un po’ di eccezione Ruggero II, Federico II, Roberto, Alfonso e Ferrante I. Gli altri sovrani e i viceré castigliani e austriaci e i Borbone non mostrarono particolare interesse per la cultura letteraria, pur favorendo la giurisprudenza. La politica culturale in Calabria resta tuttora gravemente insoddisfacente, e di ciò è responsabile la mano pubblica – Stato, Regione, Province, Comuni – che non solo e non tanto investono poco in denaro, quanto non appaiono favorire le iniziative intelligenti, anzi le impastoiano in mezzo a lungaggini burocratiche che levano la voglia persino di proporre. Gli assessori alla cultura paiono scelti con il criterio di chi dà meno fastidio e si contenta di tagliare nastri e aiutare qualche amico suo; l’attuale, Caligiuri, frequenta solo convegni antimafia, e non sta dando altri segni di vita, s’intende culturale. Ma tutti i suoi predecessori non hanno fatto di meglio. E invece compito dell’assessore regionale, e così di quelli provinciali e comunali, sarebbe di andare in cerca di idee, chiedendole a chi notoriamente ne ha, pregando in ginocchio chi ne ha di metterle a disposizione della Calabria. A chi ne ha, sia o non sia amico. Non è difficile: in Calabria ci conosciamo tutti per nome, tutti sappiamo chi vale e chi è venditore di fumo, chi sbarca Ulisse e chi invece sa la storia sul serio, chi scrive piagnistei e chi sa scrivere, chi sa di scienza e chi rubacchia uno stipendio… E persino chi, in verità pochissimi, parla credibilmente di mafia e chi, in verità a legioni, s’è copiata la relazione al convegno segue cena. Ci conosciamo, e un assessore regionale avrebbe il dovere di conoscere e di riconoscere il merito. Succede? Mai. Perciò ognuno di noi si fa la cultura per conto suo. Manca anche un’organizzazione autonoma delle persone di cultura; anzi ognuno si sforza di far finta di non aver letto il libro dell’altro; e se possono ostacolare l’altro, qualche volta capita pure. Così non si va avanti, e infatti ci sono infinite persone di cultura in Calabria, ma non c’è, purtroppo, una cultura calabrese. Ulderico Nisticò ARTICOLO CORRELATO
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