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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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La confessione di zi’ Fonso
Intenso e commosso mentre si presentava il suo ultimo libro, “Il figliol prodigo torna a casa”, don Alfonso si è lasciato andare a una confessione assai curiosa. Era il 1972, si trovava a Caserta, vicino ai suoi, quando lo trasferirono a Soverato. I parenti tennero il lutto, e credettero fosse una punizione, questo solo fatto che fosse destinato alla Calabria. E poi, sia detto per incidens, ci meravigliamo della Lega, se la pensano così di noi in Campania! Del resto è colpa dei dotti calabresi, che, non conoscendo la loro terra nel bene e manco nel male, sanno solo sproloquiare antimafia segue cena, precede sussidio della Regione. Non solo, ma dice don Alfano che venne con l’esplicita promessa dell’ispettore che, se si fosse trovato male a Soverato, sarebbe stato ritrasferito subito. E invece arrivò, si trovò bene e ci rimase molti anni, e, chiamato altrove e dai compiti che la Congregazione gli assegnò, e dalla vocazione a servire i ragazzi più sfortunati, e vivendo a Roma e a Napoli, a Soverato torna ogni volta che più, e sempre molto volentieri; e Soverato lo accoglie come merita. Che ha, Soverato, di tanto buono da farsi ricordare? Beh, con tutti i suoi non pochi difetti e limiti, resta uno dei posti più frequentabili al mondo, almeno per civiltà e buona educazione: non di tutti, e c’è chi perde la mano mettendola sul fuoco a furia di bugie. Soverato ha un buon clima, discreti servizi, un traffico non sempre matto, un po’ di cultura, qualche manifestazione di alto livello: e non mi riferisco a pellicole affittate, ma alle cose che creiamo noi qui, e sono tante e buone. I difetti? Credersi l’ombelico del mondo, e la Rimini del Sud e le Maldive dell’Ovest, cioè quelle tanto soveratane “vave”: tutto sommato, un peccatuccio veniale. Delle nostre qualità hanno merito in buona parte i Salesiani, presenti dal 1904 e definitivamente dal 1908, titolari della parrocchia della Marina dal 1941; e anche loro, per quanto non tutti santi e non tutti dotti e non tutti tollerabili, sono stati per quasi centodieci anni faro di religiosità e cultura e stile. Quanti ne vorrei ricordare, di ottimi, ma farei certo torto a qualcuno. Quelli meno buoni... beh, sono destinati al dimenticatoio. Don Alfonso è tra i migliori; e, amando Soverato ed essendovi spesso presente, non potremmo scordarlo nemmeno se volesse. Tornate a trovarci, zi’ Fonso: ne abbiamo bisogno. Ulderico Nisticò
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