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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Di cosa muoiono i nostri soldati in Afghanistan?
Di cosa muoiono i nostri soldati in Afghanistan? La nostra base è stata fatta segno di colpi di mortaio, un’arma che non colpisce da molto lontano; non è un missile, e nemmeno un obice o un cannone; per usarlo bisogna avvicinarsi. Non è comprensibile che il nemico si avvicini e spari, e che i nostri – ma agli Americani, Inglesi eccetera succede lo stesso – debbano aspettare l’attacco per reagire. È nella più ovvia regola delle operazioni militari che la migliore difesa è l’attacco; e che un gruppo di uomini armati non di coltelli o bombe ma di pezzi di artiglieria non venga avvistato e messo subito in condizioni di non nuocere, il che, in termini militari, significa intimare la resa, e, in caso contrario, annientarlo. Perché non lo si fa? Perché non siamo in guerra ma in una stramba condizione che si chiama missione di pace, il che fa pensare a crocerossine, medici, sacerdoti, insegnanti, tutto meno che soldati armati. Siccome non siamo in guerra, bisogna che prima ci ammazzino, e poi rispondiamo al fuoco. Una vera follia! E invece qui delle due è l’una: o ce ne andiamo di corsa, o restiamo come si sta al fronte, secondo le regole della guerra. Si cerca il nemico, lo si colpisce, lo si cattura, lo si elimina: secondo i casi. C’è una terza possibilità, ed è esattamente quella che stiamo subendo, fare da bersaglio, vedere morire i nostri, e, peggio, ingiuriarli vittime. Lo sono sì, vittime, ma della nostra ufficiale ipocrisia. Ulderico Nisticò
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