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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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È uscito il mio ultimo libro…
Ma questo è un libro di storia, non un comizietto rionale. Perché le Italie? Intanto, per storia. Dal 568, quando i Longobardi non riuscirono a conquistarla tutta, la Penisola andò incontro a infinite divisioni politiche, pur sentendosi tutti una sola realtà culturale. Fino al XVIII secolo c’erano altre Italie rispetto a oggi: Savoia, Nizza, Corsica, Dalmazia, Isole Ionie, Malta… Ci sono poi più Italie culturali, con nette differenze di dialetti e mentalità. Cuore del libro sono gli eventi che hanno portato alla nascita del Regno d’Italia. Nel 1734 Carlo di Borbone, conquistando Napoli e Sicilia, proclama la “libertà” italiana, cioè l’indipendenza; gli Stati italiani attuano caute ma utili riforme, soprattutto Napoli, la Chiesa, Firenze e Milano. Questo processo viene interrotto dall’invasione francese e dalla monarchia militare napoleonica, che annette alla Francia Piemonte, Liguria, Toscana e Lazio; creando due Regni vassalli, d’Italia (a Nord!) con re indovinate chi? Napoleone; e di Napoli, di cui lo stesso Buonaparte riconosce la necessità che sia autonomo. Le borghesie e gli aristocratici si schierano in genere con i Francesi; il popolo si ribella in nome della religione e della tradizione e dei re legittimi, soprattutto in Calabria. Il Congresso di Vienna restituisce all’Italia l’indipendenza, anche se condizionata dalla Santa Alleanza. Si diffondono idee di affrancamento dallo straniero, ma sono quasi tutte di matrice confederalista o federalista, quasi mai centralista. Il fallimento dell’alleanza tra Carlo Alberto e Ferdinando II nel 1848 pone fine all’esperimento confederale. Resta la via dei colpi di mano, attuata da Vittorio Emanuele II prima con l’aiuto militare determinante di Napoleone III, poi con la volontà inglese di porre fine alle Due Sicilie. Queste, il cui livello economico non era affatto inferiore a quello del Piemonte, e che vantava un territorio tre volte l’attuale Belgio e una popolazione di dieci milioni di abitanti senza la benché minima emigrazione all’estero per ragioni economiche, tutt’altro, avvertiva tuttavia debolezze politiche di antica e recente origine. La lentezza con cui Francesco II si decise a combattere e la scarsissima voglia e capacità dei generali diedero a Garibaldi una vittoria assai sospetta. Per fermare questo, intervennero i Savoia, che si annessero Meridione e Sicilia con plebisciti dal risultato scontato. Tardivamente ma con eroico coraggio si sollevarono i cittadini, ingiuriati briganti, e l’esercito piemontese – italiano lamentò più perdite contro di loro che nelle tre guerre d’indipendenza contro gli Austriaci. I feroci briganti, uomini e donne, diedero prova di valore militare altissimo, ma non di un progetto politico e strategico, ed erano destinati alla sconfitta. Ultimi colpi di mano, il Veneto ottenuto per grazia della Prussia, e Roma: ricordiamo che a cannoneggiare Porta Pia fu il nostro Carlo Amirante. Ne derivò uno Stato centralista, che non tenne conto di nessuna identità né giuridica né economica né culturale, e che nessuno aveva mai affatto ipotizzato, e tutti dovettero subire. L’Italia frettolosamente unificata vide crescere esponenzialmente il divario tra Nord e Sud; ai primi del XX secolo, anche i Meridionali conobbero la dolorosa via dell’emigrazione, prima loro del tutto ignota. Gli intellettuali meridionali non andarono di là dalle dotte analisi e lamentele; i politici dal 1861 a oggi non contano mai nulla, con la sola eccezione di Crispi e delle due grandi figure dei fascisti Michele Bianchi e Luigi Razza, cui potremmo non accostare ma ricordare qualche fugace momento di dubbia notorietà di nomi come Nicotera, Nitti, Mancini, Moro. Gli altri sono stati subito chiamati ascari, i nostri soldati eritrei, come dire al servizio dello straniero, e lo furono; ma respingiamo la definizione, perché gli ascari furono magnifici e orgogliosi soldati e sinceramente amanti dell’Italia, e il deputato meridionale è in genere un disoccupato pronto a vendere la mamma per lo stipendio e l’immunità. I risultati sono sotto i nostri occhi. Si narra dunque un Epilogo dal 1870 al governo Monti, con il metodo del riassunto e del giudizio. Forse un giorno scriveremo un libro apposito. Ars longa, vita brevis!Ulderico Nisticò
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