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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Quanto sei povera, Torre di Ruggero
Ma se proprio a Torre ci tengono, prendiamole per buone e ragioniamoci sopra. Come fa, di solito, un paese a essere povero? Beh, trovandosi nel deserto del Calahari, o sulle rocce brulle del Gennargentu, o isolato come il Sikkim, o del tutto scarso di acqua, terra, verde, alberi… Mi pare che Torre si trovi a 22 km da Soverato lungo una strada che non è il massimo, ma in mezzora ti porta al mare; e fra uno o due secoli finiranno la Trasversale; dista 7 da Chiaravalle;a 2 dalla secolare nemica Cardinale. Mi pare che sia circondata da boschi cedui e boschetti di noccioleti, e notevoli coltivazioni di granturco, e comunque terra irrigua. Dite voi, ma la terra non è coltivata; e allora, ribatto, spiegatemi il perché. Ragazzi, se la terra c’è, zappatela, sarchiatela, irrigatela, vendete i prodotti… Ma l’antica Torre conserverebbe altri, ben altri tesori. Era la Torre di Spadola; i Normanni vi eressero il cenobio di San Basilio Scamardì; fu sede di miracoli e apparizioni; vi venne innalzato un santuario di gran nome. Un santuario che ogni anno attrae migliaia di fedeli in tre giorni. Ecco, in tre giorni, poi basta, e torna quella che, con simpatica ironia, una mia giovanissima allieva di dieci anni fa, di Torre, mi definì, facendo ricorso al dialetto, “a pac’ e l’angeli”, che tradotto vuol dire: con quei tre giorni campiamo dormendo tutto il resto dell’anno. Arriva, infatti, il 2008, che sarebbe il centocinquantesimo dell’apparizione della Madonna a Torre, in quasi perfetta concomitanza con quella di Lourdes. Oso timidamente proporre al santuario un programma atto a far sapere al mondo quello che quasi tutto il mondo ignora; per ragioni misteriose, e senza manco degnarsi di una risposta, i responsabili ripiegano sopra una cosarella che si rivela un fallimento totale. Intanto ci riprova il sindaco, e facciamo uno e uno due. Risultato, a Lourdes saranno andati a milioni, a Torre nessuno, a parte i tre soliti giorni: e poi, la pace degli angeli. Insomma, noi in Calabria siamo messi male per natura, però ci impegniamo a fare in modo di stare peggio. Il detto sindaco, ogni volta che m’incontra, ripete che mi deve chiamare per propormi qualcosa, e mi chiede il numero, evidentemente perso la volta precedente. Non chiedetemi se ha mai telefonato. Torre di Ruggero… e se Ruggero dev’essere, allora sfruttiamoli, questi Normanni; facciamo venire qualche scolaresca di Caen, di Le Havre; teniamo una manifestazione normanna, un convegno, giriamo un film. Ovviamente, chiedendo lumi a chi sa chi furono questi Normanni, e che vennero a fare dalle nostre parti: le quali tanto povere non dovevano essere, nell’XI secolo! Non lo sarebbero manco ora, se ci dessimo un po’ da fare. Se invece niente noccioleti, niente mais e niente santuario e Ruggero, allora vorrà dire che a Torre – ma vale anche per infiniti altri luoghi e persone del Meridione – la dichiarazione di miseria è sentita come un superenalotto: siamo poveri, e allora ci devono mantenere! Solo che, in era montesca, non c’è più trippa per gatti, e poca speranza per chi di mestiere vuole fare il povero. Ulderico Nisticò
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