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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Gianni Calabretta alla radice dei problemi
La scienza urbanistica di Gianni compare, prepotente e seria, da p. 21, con preziosi documenti sulla costruzione borbonica dell’oggi Soverato Superiore dopo il sisma del 1783, e soprattutto con la cronaca della travagliata e, a mio avviso, disordinata e mal pensata espansione della Marina in tempi recenti. È un po’ raccontare, attraverso la questione urbanistica, la storia politica di Soverato dal 1960, attraverso il centrodestra, il centrosinistra nelle sue varie forme; l’elezione diretta del sindaco e gli otto anni dello stesso Gianni; e il nuovo centrodestra. Nel 1960 la Marina andava a stento dalla Galleria alla Stazione; e dall’attuale via Olimpia iniziava la campagna. Secondo me, quella Soverato piccola era, in proporzione ai tempi, molto più ricca e produttiva e sociologicamente attiva dell’attuale; ma è un destino comune a gran parte del Meridione, questa perdita di industria, artigianato, commercio, marineria e pesca a vantaggio di quella che dagli anni 1970 venne chiamata “società di servizi”, ovvero, sempre secondo me, esplosione abnorme di un ceto piccolo borghese parassitario e poco capace. Soverato, rimasta di 3.000 abitanti per ottant’anni, e, secondo me, volutamente, all’improvviso crebbe di popolazione, e ciò rese, o si credette rendesse necessaria la crescita urbanistica. Sempre a parere di chi scrive, si iniziò bene, con qualche linda casetta a uno, due piani, e persino un po’ di giardino; anche se pare poco coerente l’aver posto l’area pubblica più importante, tra Municipio e Parrocchia, in mezzo a dozzinali case popolari. Poi iniziò il peggio. Venne il momento della 167, che destinò l’area tra Parrocchia e i confini meridionali a “edilizia economica e popolare”, creando quelli che, sempre a mio parere, sono dormitori senza alcun servizio e senza uno spazio per salutarsi. Ci sono le scuole, ma chiudono dopo la mattina; c’è il teatro, ma apre la sera, e solo per spettacoli. E sarei curioso di sapere che fine ha fatto quella che Gianni a p. 37, ci informa essere, da quelle parti, “un’area commerciale ancora da completare”, quando a destra e sinistra di tutta via Amirante non c’è di commerciale manco un bar per prendere un caffè! E non ci potrebbe essere, perché non si può espropriare del terreno per pubblica utilità e poi farne un’attività a fini di reddito! Ecco, su questo punto non saremo mai d’accordo, il mio amico Gianni ed io: nella mia idea dell’urbanistica viene prima di tutto la piazza, poi il mercato, e poi, solo poi, l’appartamento; e appartamento, anche nell’etimologia, significa appartarsi, isolarsi, mica stare in piazza, nella “ruga”, nel foro! È anche per questo che in Soverato non è soddisfacente la partecipazione alle attività sociali in genere, e figuratevi a quelle politiche. Bisogna però condividere, e lo faccio ben volentieri, l’entusiasmo del Calabretta per la grande estensione di verde pubblico, una vera rarità in una Calabria solitamente saccheggiata da costruttori cannibali: una buona scelta che accomuna, chi più chi meno, tutte le amministrazioni, anche quelle che ogni tanto, in vena di amerikananate, millantavano alberghi e ristoranti nella Pineta e per buona sorte, o altri più rozzi motivi, non li fecero. Sulla gestione del verde c’è da ridire, ma ne sono chiari i vantaggi complessivi e per l’estetica e per il clima. Lo stesso giudizio positivo esprimo per il recupero di spazi pubblici, dovuto in buona parte a Pedalando Volare, con l’isola pedonale sul Lungomare, la Villa, i “Chiani” di Soverato Superiore, e Soverato Vecchia. Che tutto sia stato fatto come si deve, meglio stendere un velo: ma la aree ci sono e ne godiamo. Gianni ricorderà quando, quasi per caso, abbiamo scoperto quella che scherzando chiamammo “Spoleto”, la piazza Toselli. Mi aveva pregato di commemorare, nel centenario, il poeta Vincenzo Chiefari, ed io avevo deciso di tenere una conferenza, con versi letti da Tonino Pittelli. Doveva farsi nel “Chianu”, ma lo trovammo occupato da una sagra: in due ore, letteralmente, Gianni fece sgombrare le auto, montare il palco e portare le sedie, e fu una serata riuscitissima; la prima di una lunga serie a piazza Toselli. Questo sì che è un recupero! Una battutaccia: fu allora che a sindaco e assessore di Rifondazione feci leggere la prima delle poesie del nostro poeta, dal per loro imbarazzante titolo “Mussolini”! Ma torniamo all’espansione. Attraverso i vari tentativi di prg, o, penso io, senza prg e alla rinfusa, la città raggiunge i confini attuali. Vengono costruite case e case, mentre, osservo io, non si costruiscono alberghi, anzi alcuni chiudono e diventano, sorpresa, case! Sempre secondo me, la Soverato del 2012 ha la stessa area produttiva e attiva del 1960 più il Lungomare; e quest’area molto ristretta è circondata da quartieri privi di tutto tranne che di letti: via Amirante; quasi tutta via Trento e Trieste; la Panoramica; Soverato Superiore; e lo stesso Gianni ne ha aggiunto uno a Mortara: e anche lì mi promise pubblicamente che sarebbe sorta un’area commerciale, poi mai veduta e che, almeno lì, non si potrà vedere mai. Tutto questo si narra attraverso i progetti e con una seria disamina dei diversi interventi di professionisti che si sono curati di quello che, nei decenni, prima fu un approssimativo e “trattabile” piano di fabbricazione e quando divenne prg non c’era più, penso io, quasi più niente da regolare! Restano in aria problemi come la viabilità in entrata e in uscita dalla città (ci sono voluti trent’anni per un accesso all’Ospedale dalla nuova 106); Turrati e dintorni, un vero oggetto misterioso in cui chi ha rispettato la legge rimase buggerato, o così pare; gli appartamenti che, con sfacciato abusivismo e fiscale e di ordine pubblico, si affittano in nero a bagnanti anonimi; e che, secondo me, sono stati costruiti, anche in 167, per affittarli in nero ai bagnanti e non per lamentate “esigenze abitative”! Infine, Gianni si lascia andare a quelli che provocatoriamente chiama “sogni”: verde, alberghi, porto, servizi… Qui bisogna chiedersi come trovare posto per tutto questo, in 750 ettari in parte occupati e in gran parte non adoperabili. Da decenni parlo io di conurbazione con i centri vicini, inutilmente. Già, Mancini e Drosi tennero quattro o cinque convegni, e, alla fine, non sono riusciti manco a tracciare una stradina fra la Cuturella e Laganosa; e fra un anno o due ci costruiranno sopra! Magari qualche zuzzurellone starà pensando: “Ma questa di Ulderico è una recensione o è una stroncatura?” Un libro vale appunto per questo, perché chi lo legge ne subisce il fascino e se ne sente suscitare reazioni anche vivaci. Se questo bel volume di Gianni darà inizio a discussioni, ecco il suo merito. Di solito dalle nostre parti il dialogo è tra sordi, e ognuno parla da solo e per sé, e fa finta che l’altro non esista; non essere d’accordo su qualcosa è già un buon inizio per affrontare un problema. Sotto con la polemica. Ulderico Nisticò
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