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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Un trigesimo per Giacomo Mancini senior
Ma veniamo al senior. Si è fatto, nel trigesimo, gran spreco di “gigante” e “storia”, termini francamente esagerati per il personaggio e i suoi pari. La storia d’Italia è finita nel 1945, e tutto il resto è banale cronaca. In questa cronaca, Mancini ebbe un certo spazio, per venire regolarmente dimenticato come tutti gli altri. Il documentario – in verità non proprio travolgente! – ce ne ha narrato con una certa precisione la vita. Partigiano a Roma… Un luogo dove, dall’occupazione germanica all’arrivo degli angloamericani non successe nulla a parte via Rasella… Che disgrazia, sapere bene la storia! Deputato da subito e di lunghissimo corso, attraversa le complicate vicende del suo partito, da quando stava a rimorchio dei comunisti a quando, nel 1963, iniziò il rapporto conflittuale con i democristiani detto centrosinistra o pentapartito e cose del genere, e che durerà fino al crollo inglorioso della Prima repubblica del 1992. Allora i governi cadevano e nascevano come funghetti, e Mancini ne fu, di volta in volta, ministro di qualcosa. Quando fu ministro della Sanità, il documentario non lo disse, ma successe un vero miracolo di metamorfosi degna di Ovidio: tantissimi medici della Calabria, camerati compresi, diventarono socialisti, e non certo per aver letto attentamente Proudhon e Marx! Da allora, la politica guastò in Calabria la medicina; e, peggio ancora, la medicina guastò la politica! Quando lo fu dei Lavori pubblici, ecco le strade, e, tra queste, la sospirata A3. Detto così, dovremmo essere persino grati a Mancini, in base alla teoria del meglio che niente. Quanto sia sbagliata quell’autostrada nel tracciato, e fatta male nell’opera, tutti lo sappiamo tutti i giorni per diretta prova! E quanto costò e costa e costerà ancora. Una buona idea di Mancini erano le trasversali: oggi, che siamo nel 2012, nemmeno una è completa. E la nostra, quella delle Serre, è una barzelletta! Nel 1970, la rivolta di Reggio, che vede in Mancini il nemico della città. Il sistema usò ogni arma, dalla repressione violenta alla corruzione; alla promessa di un incredibile Centro siderurgico da diecimila posti di lavoro (bum!), il cui unico effetto fu distruggere la fiorente agricoltura della Piana, con grande gaudio della parte oscura della popolazione. Diciamo così, e su questo argomento stendiamo un velo pietoso. Intanto su Mancini si addensano le nubi, quasi tutte di matrice interna al suo partito. Aveva serpi in seno tra i socialisti e i comunisti più che altrove. Quando si ritirò a fare il sindaco di Cosenza, dovette rivolgersi ai nemici leali, i fascisti, per combattere i falsi amici democratici. Amava la Calabria e Cosenza, e fu una delle nostre tante occasioni mancate, o che non ci lasciarono cogliere. Parte di un sistema che non solo era corrotto, ma della corruzione faceva il suo metodo sotto mentite spoglie di giustizia sociale, non poteva fare più di tanto, ammesso che lo volesse. Una cronaca italiana, e calabrese in specie.Ulderico Nisticò ARTICOLO
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