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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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4 ottobre 1806 a Sant’Andrea
La Calabria insorse quasi subito contro l’invasore. A Soveria Mannelli un ufficiale francese venne ucciso per aver insolentito una donna; e questi Vespri Soveritani furono il segnale per tutto il Reventino e il Nicastrese. Un esercito anglonapoletano sconfisse i Francesi a Maida: era la prima volta che truppe napoleoniche venivano battute per terra, e una grande strada di Londra, Maida Vale, ricorda ancora l’evento. Si costituirono molte bande di insorti: Santoro detto Re Coremme, Falsetti detto Centanni, Gualtieri detto Panedigrano, padre Michele Ala, prete Papasodaro di Centrache, preside De Michelis… intervenne anche Michele Pezza da Itri detto Fra Diavolo. Amantea, sotto la guida di Rodolfo Mirabelli, resistette quattro mesi a un poderoso esercito francese. Crotone, in parte repubblicana nel 1799, si schierò per il re e subì un lungo assedio. Molti centri calabresi vennero saccheggiati dalla soldataglia; ma il nemico perse nella guerra 20.000 uomini. Vero che non pochi meridionali si schierarono con i Napoleonidi (nel 1808 Giuseppe venne sostituito con Gioacchino Murat), e per interesse e per idee riformiste. Murat tentò di formare una burocrazia e un esercito nazionali, anche in contrasto con le disposizioni che riceveva da Parigi. Tra i Calabresi che si illustrarono in quegli eventi, ricordiamo i generali Ambrosio e Arcovito, e i due fratelli Florestano e Guglielmo Pepe. Torniamo al 1806. I Francesi vennero ora accolti ora respinti. Nel Golfo, saccheggiarono Gasperina, Centrache, Chiaravalle. Il 4 ottobre 1806 fu la volta di Sant’Andrea. I fatti, tramandati per memoria popolare, sono stati raccolti dagli scritti dei Voci e del Vitale, cui si è aggiunto un articolo del Fusto: un Andreolese, detto Panzarella, sparò e ferì gravemente il colonnello Durieu; i Francesi (ma c’era tra loro Guglielmo Pepe) diedero l’assalto al paese, che resistette valorosamente, venendo infine incendiato: si contarono 45 morti, tra cui donne. Le salme furono sepolte nelle chiese. Quando, negli anni 1960 venne abbattuta la Matrice, gli autori di quest’atto legale ma criminale senza alcun dubbio, non ebbero nemmeno la carità di dar sepoltura alle ossa della cripta, che andarono disperse. Per la prima volta, l’Amministrazione comunale di Gerardo Frustaci ha voluto onorare i morti e quell’eroico e tragico evento. Non poteva bastare un convegno, e si è fatto ricorso a modalità più atte a suscitare emozioni: giacché la sola storia che veramente si ricorda è quella che diventa poesia e mito. Ci voleva una relazione introduttiva da parte di qualcuno che conoscesse seriamente la storia, e va bene; ma bisognava integrarla con il teatro, ed ecco che la narrazione è stata affidata a due figure, Guglielmo Pepe, interpretato da Salvatore Frangipane; e madama Rosanna, affidata a Valeria Nisticò; sottolineava magistralmente l’azione la musica di Paolo Sergio Marra. Il pubblico, molto numeroso, è divenuto alla fine esso stesso in qualche modo attore, quando ha partecipato commosso alla lettura dei nomi dei morti. Ulderico Nisticò
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