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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Meglio se restavo a casa…
Vecchioni mi era sempre parso una specie di metafora della mia generazione: un 68 esistenziale prima che politico; e il senso decadentistico del fallimento di fronte a un sistema che non reprime, ma blandisce e compra; il Vecchioni di “Luci a San Siro”; o della fascinosa leggenda orientale cantata in “Samarcanda”; e persino dell’autoironia del “Bandolero”. Poi mi cadde dal cuore quando, al Festival del 2011, se la prese con Berlusconi, e fin qui poco male; ma ci proponeva come implicita alternativa Bersani e Rosy Bindi, e qui mi viene da ridere, e voleva riempire il mondo “di musica e parole”... e poi è arrivato un governo che ci riempie sì, ma di tasse, sostenuto e da Berlusconi e da Bersani, e perciò anche da Vecchioni. Anche le dissertazioni sulle diverse e imbarazzanti dimensioni dell’apparato urogenitale maschile rispetto ai “buchi” (buchi, ha detto) femminili, e le parolacce stile circo, se le poteva risparmiare, soprattutto dopo aver costatato de audito che venivano accolte dal più freddo silenzio. Ci scapperebbe una citazione di Terenzio e Cicerone, ma siamo quasi coetanei, e mi darei un po’ di zappa sui piedi… Vecchioni è professore di latino e greco, quindi la sa da solo. A proposito di latino, non so quale dente avvelenato abbia egli con una nota ditta di yogurt, però dovrebbe sapere che “bifidus actiregularis” è un nome scientifico artificiale, e che in latino classico non lo si può trovare per l’evidente motivo che Greci e Latini, di altissimo livello in urbanistica filosofia poesia arte eccetera, restarono però ignoranti come capre in fatto di biologia, e figuratevi di microbiologia. Insomma, avrei fatto meglio a dare retta al mio istinto che, fino alle cinque di pomeriggio mi aveva suggerito di non andarci; e giusto a forza ho comprato il biglietto. Già, come Roberto Vecchioni sa di certo, omne ignotum pro magnifico est, e fama crescit eundo, minuit praesentia famam. Meglio da lontano, un disco, e mi restava la memoria del Vecchioni dei miei tempi. Ulderico Nisticò
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