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Consiglio
aperto sull’Ospedale; intervengo, dico la mia, e tutti gli intervenuti dopo
si dichiarano d’accordo con me. Devo perciò qui riassumere il mio povero
pensiero, così vediamo se è vero che siete d’accordo tutti, del che molto
dubito. Sarò breve:
- Nei non mai abbastanza deprecati anni 1970 gli ospedali sono stati
istituiti con la scusa di assistere gli ammalati e in realtà per
assistere i sani, ovvero assumere anche medici e infermieri, ma
soprattutto artificieri, giardinieri, pompieri, furieri, camerieri,
archibugieri, portieri, autieri, avieri, artiglieri, alabardieri
eccetera; i quali subito dopo, grazie a concorso interno sovente a
candidato unico e di notte, divenivano megadirigenti galattici con non
lieve aumento di stipendio! Si chiamava “pianta organica”, subito dopo
anche “ampliamento della pianta organica”, fonte di carriere politiche e
di corruzione diffusa. Questa è la causa vera del dissesto della sanità.
- Nonostante questo, anche i piccoli ospedali come Chiaravalle e
Soverato sono riusciti, in buona parte dei casi, a curare le persone.
- In italiano calabrese (una lingua molto diversa dall’italiano
normale) la locuzione “’l’ospedale sarà potenziato” si traduce “chiuso”,
ma, bene inteso, mai troverete scritta o detta la parola “chiuso”, che
in italocalabro si dice “assumeremo altri dodicimila vivandieri”, magari
con laurea comprata all’UNICAL, Lettere. Torneremo presto sull’argomento
Lettere, a me professionalmente assai caro.
- Quando un reparto ha quattro medici e uno va in pensione senza
essere sostituito, il reparto è ufficialmente aperto ma sostanzialmente
chiuso: avete mai visto una macchina con tre ruote e una no?
- Chi nei suoi accorati appelli ragiona ancora in termini di posti
letto, è fuori dal mondo, e come se volesse scrivere con la penna d’oca
nel tempo del computer. La medicina ha compiuto tali progressi, che un
intervento chirurgico si fa stando in piedi e svegli, dura cinque minuti
e vi spediscono a casa. E noi siamo ancora fermi al ricovero di
settimane, con parenti in lacrime al capezzale dell’infermo.
- A meno che chi parla di posti letto non pensi al letto ma ai posti:
posti, s’intende, di pasticciere, di salumiere... secondo i parenti da
sistemare.
- Lo stesso per i primari. Sarebbe logico prima istituire un reparto e
poi cercare un primario; in Calabria, ma anche in tutta la fatal
Penisola, hanno fatto così: una volta trovato un primario da
stipendiare, gli aprivano il reparto!
- Tutto questo è passato remoto. C’è una crisi mondiale che ci mangia
vivi, più la crisi della sanità calabrese che è una voragine senza
fondo. Devono tagliare, e non ci sarà sfilata di trattori o di mucche
che tenga! A colpi di “l’ospedale non si tocca”, Chiaravalle ha chiuso.
- Soverato non conta un fico secco in Calabria, manco in provincia,
per cui non possiamo manco affidarci a qualche diavolo dell’Inferno di
politicante.
- Soluzione, occorrono proposte serie e praticabili su cosa conservare
e cosa invece non ci serve; su quali servizi può offrire la sanità a
Soverato e dintorni, e quali no. Servono, secondo me: un Pronto soccorso
con molto e molto qualificato personale, e, lì sì, molti letti e
attrezzature. Corollario, ora che stanno finendo la strada da Squillace
a Catanzaro: perché un’ambulanza di Guardavalle dovrebbe passare da
Soverato per farsi mandare al Pugliese o a Germaneto? Ci andrà da sola
in un amen.
- Lo stesso per alcuni servizi e reparti, e qui nulla dico perché non
me ne intendo, e non faccio come chi legge il latino senza averlo
studiato manco alla Media.
- Qualcuno ci guadagnerà e ci perderà qualcun altro: ragazzi, è sempre
successo così ogni volta che cambia qualcosa e non si ha la mentalità
aperta per cambiare e ammodernarsi. Dei comodi personali di chicchessia,
io rotondamente me ne impipo.
Conclusione, bisogna formulare un progetto
serio e credibile, e condiviso dai più. Se l’elaboreremo e dunque ci
crederemo, allora si potrà anche protestare e combattere. Ma le cause perse
e indifendibili, vadano, come dicevano i Greci, ai corvi. Ora vediamo se è
vero che siete tutti d’accordo con me!
Ulderico Nisticò
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