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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Ci mancava l’Atlantide
Esempi locali. Plinio parla di un fiume Carcinus, che, con un po’ di buona volontà, potrebbe anche essere l’Ancinale. Se non che alcuni manoscritti antichi, scorretti come spesso accadeva, riferirono una lectio che, letta alla peggio, risultò Caecinus. Gli umanisti calabresi lessero Cecino invece di Carcino, e da allora tutti a ripetere l’errore. Arriva uno che gli spiega quanto segue: Tucidide parla sì di un fiume Kaikinos, latino Caecinus, però dichiara che era il confine tra Locri e Reggio; e così ripetono altri storici antichi. Il Cecino si trova dunque sotto Locri, non sopra! Pensate che qualcuno cambi idea? Mai: tutti Cecino ovvero Ancinale. Passiamo alla Sagra. Satriano, significa possesso di un Satrio; come Settingiano di un Settimio, come tutti i circa duemila toponimi italiani, limitatamente ai Comuni o sarebbero assai di più, del tipo (praedium) Tullianum. Banale. Macché, secondo Questo e Quello significa paese della Sagra, dunque la Sagra della battaglia tra Crotone e Locri è l’Ancinale. Non è vero niente, ma piace. Andiamo avanti. Livio dice chiaramente che Claudio Marcello morì in Lucania. E invece, ecco che Sainaru, con voli etimologici fantasiosi, diventa Sanguinario; e tutti parlano di un’anfora con teschio, però nessuno sa dire dov’è e nessuno la vide mai. Con questi argomenti, altro che Templari a Montauro: si può dimostrare che il Paradiso Terrestre era a San Vito, dove il fiume locale si chiama Scorsone, che, come è palese, è il serpente che tentò Eva! I megaliti di Nardodipace? Arrivano Mosino e Raso, e diventano i Lestrigoni dell’Odissea e la Città di non so che. Ulisse del resto è sbarcato a Lamezia e poi raggiunse un popolo di marinai che stava a Tiriolo e invece di pesci pescava stelle alpine! E al ramingo eroe hanno eretto un monumento che, già brutto di suo, si sta sciogliendo perché di materiale scadente: meno male. Ecco perché Castelvetere diventò Caulonia al posto di Monasterace; e Policastro sottrasse a Strongoli il nome di Petilia. Se poi passiamo ai prodigi, ma la Calabria è un caleidoscopio di miracoli che mando Alice nel Paese delle meraviglie. Negli ultimi trent’anni, a mia memoria, ci sono state due o tre apparizioni della Madonna e altrettante di Gesù; senza dire di guarigioni… e infinite combinazioni di matrimoni a Paravati. La Chiesa, grazie a Dio e ai santi Paolo e Tommaso d’Aquino, non ci casca; i fedeli fanatici sì; e qualcuno, fedele o meno, ci marcia. Dite voi, ma perché te la pigli tanto? Ma perché la Calabria avrebbe preistoria, protostoria, ed Enotri, Siculi, Greci, Bruzi, Romani, Bizantini, Longobardi, Normanni… e castelli, chiese, monasteri, palazzi, borghi antichi, aree archeologiche, opere d’arte, più una natura affascinante sia pure non amena. E il mare e la montagna. E una sfilza di Calabresi illustri veri, senza bisogno di Ulissi e Gennari! Pensate che gliene impipi qualcosa a qualcuno? Macché: il calabro istruito, dico laureato, è già assai se sa che fucilarono Murat; ovviamente senza sapere un accidenti di chi fosse mai il defunto per piombo. No, non devo essere ingiusto: sanno pure che ci sono stati i basiliani, seicento anni di monaci e solo monaci! Si passa poi all’emigrazione, e fine. Ditemi, di grazia: quanti turisti… ma via, quanti dotti cittadini di Soverato sono mai andati a vedere la Pietà del Gagini? Potrei farvi dei nomi celebri che mi confessarono di non essere mai stati a Roccelletta, km 17 da Soverato! Ecco perché io mi indigno. I Calabresi sono dei bambini prodigio, dei ragazzini intelligentissimi, e, come tutti i ragazzini intelligentissimi e prodigio, sono ricchi di erudizione e magari persino di cultura, però poverissimi di maturità e spirito critico; e tra una verità normale e una favola solleticante, scelgono precipitosamente la favola. Inutile opporre alla favola la filologia e il metodo storicistico o quant’altro di scientifico. I Templari sono invincibili: un po’ bruciati vivi, negli ultimi settecento anni, però continuano a fare danno a Montauro. Beh, mica solo: una decina d’anni fa uscì un libro che dimostrava senza ombra di dubbio che a Chiaravalle c’erano i Templari. Dove? Ma a casa dell’autore, è ovvio. E chiudo con una terribile malignità. Siccome io so tutto, e perciò so tutto anche dei Templari, avrei una notizia – ricavata da testi seri, giuro, mica da video con macchinetta – che se la divulgassi, l’intera Calabria dallo Stretto al Pollino, dal mare Greco all’Ausonio, impazzirebbe di gioia, e il TG3 da Varapodio griderebbe “finalmente inizia il riscatto della Calabria”. Ma non posso, perché sarebbe offendere la saggezza di Ruggero Bacone, il quale, ben diverso dal futuro Francesco, insegnò a non rivelare niente in giro a quasi nessuno, “perché il volgo perverte e abusa”. Non mi chiedete nulla manco in privato: potreste sussurrarlo all’orecchio di qualche “studioso locale”, e saremmo perduti. Una domanda mi nasce dal cuore. Se vi si guasta la macchina, dove andate? Dal salumaio? Dal barbiere? No, dal meccanico, perché il meccanico di mestiere fa il meccanico. Giusto. E allora, vi prego, perché pretendete tutti di fare di mestiere quello che non sapete fare? Lo storico, il latinista, persino il grecista, il filologo? A ognuno l’arte sua, accidenti! Ulderico Nisticò
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