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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Il mosaico di Monasterace
Il re Italo è un mito attestato da Tucidide, Aristotele, Dionigi di Alicarnasso e altri. Per il primo è un siculo (tombe sicule si trovano a Soverato), per gli altri un enotrio. Riunì attorno a sé, in parte con la politica e in parte con la guerra, i popoli dell’odierna Calabria Centrale, e “istituì i sissizi” come aggregazione sociale e politica. La protostoria ha lasciato tracce significative sulle nostre montagne, in particolare a Cardinale. I megaliti di Nardodipace sarebbero da studiare, ma sono finiti nelle grinfie di chi si è inventato che erano i Lestrigoni e altre peggiori bufale, e da allora non li prende sul serio nessuno: peccato. Gli Achei di Miscello fondarono Crotone nel 710 a.C.; gli Ateniesi, secondo il mito Menesteo, si stabilirono a Scillezio. Crotone estese il suo dominio sul Golfo, giungendo a Caulonia, fondazione di Tifone di Ege, pur esso acheo. Alla metà del VI secolo assalì Locri, ma subì una pesante sconfitta alla Sagra (Torbido); si rifece nel 510 distruggendo dissennatamente Sibari. Di Crotone e Caulonia restano notevolissime reliquie; non è ancora emerso nulla di certo della Scillezio greca. Nel 388-6 Dionìsio il Vecchio di Siracusa sconfisse Crotone all’Elleporo, forse il Gallipari; e rase al suolo Caulonia. Estese a Scillezio i confini della sua alleata Locri. Dopo una fase bruzia, di cui restano tracce anche nel Golfo, Roma sottomette anche l’attuale Calabria; Annibale, incapace di vincere ma non attaccato in campo aperto, si trincera nel Golfo, e combatte per mantenere Locri: sappiamo che per tre volte mosse le sue truppe tra l’accampamento e quella città, passando dunque anche qui da noi; finché Scipione, sbarcato in Africa, lo costrinse a lasciare l’Italia. L’area archeologica di Roccelletta di Borgia è la colonia romana di Scolacio, fondata dopo il 124 a.C.; rifondata da Nerva (96-8 d.C.). E diciamo qualcosa di Poliporto e degli assaggi di Isca. Queste sono, in sintesi estrema, le antichità e le loro tracce. Un assurdo vezzo di matrice illuministica induce i Calabresi a non considerare nemmeno il Medioevo. Purtroppo la cultura calabrese ufficiale e scolastica è ferma al XVIII secolo, e non ha attraversato il travaglio spirituale del romanticismo e della sua crisi, e nemmeno il positivismo, il decadentismo, il futurismo, il fascismo e l’antifascismo. Non ve ne venite fuori con Questo e Quello: sono vicende individuali, non costituiscono una cultura regionale. E invece la Calabria di Medioevi ne ha due: quello bizantino e quello europeo. Del primo resta, nel nostro Golfo, moltissimo: la Grotta di Monte Stella; S. Giovanni Teresti; Stilo; la chiesa del Campo a S. Andrea; la laura eremitica di Soverato; Panaia e S. Martino a Copanello, il Castro, S. Gregorio a Stalettì; Battistero di S. Severina e altro. Queste le tracce materiali: ma occorrerebbero libroni ad elencare la toponomastica (Stilo, Monasterace, S. Caterina, Badolato, Isca, S. Sostene, Davoli, Gagliato, Petrizzi, Montauro, Stalettì, Catanzaro, Cropani, Botricello, P. Policastro, Mesoraca…; senza dire dei nomi delle località minori); l’onomastica (io mi chiamo Nisticò; e aggiungete Condò, Macrì, Paravati, Samà… ); l’agiografia (ss. Agazio, Anastasia, Andrea, Barbara, Caterina, Nicola, Pantaleone, Sostene, Teodoro… ); il dialetto con moltissime parole greche, e una greca sintassi. Con i Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, ecco palazzi, castelli, torri, mulini, chiese, monasteri; e quel fenomeno curioso del nostro Golfo che sono le chiese fortificate o fortificazioni adattate a chiese: S. Anna e S. Pantaleone o Montauro, Misericordia a Davoli, Matrice di S. Sostene, Casino Pepe, Roccelletta (la chiesa al bivio di Borgia), Campanile di Cardinale… E non scordiamo l’archeologia industriale: miniere di Bivongi e Pazzano; centrali idroelettriche di Bivongi e del Callipari; Ferdinandea; Razzona di Cardinale; miniera di quarzo di Soverato e stabilimento industriale di Soverato; miniere di Olivadi… e la grande industria borbonica di Mongiana. Insomma, se ci fosse una politica culturale di Stato, Regione, Provincia e Comuni; e soprattutto se ci fosse un cambio di mentalità, ci sarebbe lavoro e turismo culturale senza fine. Bisogna che: 1. Si ristabiliscano le gerarchie: di pesca parlino i pescatori; di medicina i medici; di teologia i teologi; di vino gli enologi; di archeologia gli archeologi professionisti; di latino i latinisti e di greco i grecisti; e di storia gli storici. Le bufale, lasciamole pascolare nel Cilento. 2. Intervengano i pubblici poteri, possibilmente finanziando lavori seri e personale qualificato. Come si fa a sapere se il personale è qualificato? Hic Rhodus, hic salta: fuori i titoli, fuori il curriculum. Ulderico Nisticò
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