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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Passatisti e progressisti
Bei tempi, dicono i passatisti, quando non c’erano le automobili! Io a piedi non ne ho mai visto uno, e ancora c’è chi piange la piastrellazione del Lungomare prima adibito a spasso con braccio al finestrino. Bei tempi, quando la gente si curava con i suffumigi: e corrono tutti, al primo acciacco, per “accertamenti” a Bologna, s’intende in aereo. Temono come la peste il computer, ma non vanno scrivendo, quel poco che scrivono, con la penna d’oca, e tanto meno incidono chiodini nel muro come gli Assirobabilonesi. Eccetera. Fruiscono in quantità industriale del progresso tecnologico, però lo odiano, se ne sentono schiacciati; e, mentre mangiano sofficini e bevono colacola, vorrebbero essere pastorelle dell’Arcadia e mastri Geppetti; e sperano in una povertà piagnona e sorridente in cui trascinare un’esistenza più piatta del diario intimo di una sogliola. Hanno, ovviamente, computer e tv; però, nelle loro idilliache fantasie, non si domandano mai da dove viene la corrente elettrica che li accende. Il petrolio? Non sia mai, tra qualche secolo si esaurirà; il carbone, Dio liberi, è scuro; l’energia atomica, meno che meno, ci farà morire tutti come quando Einstein e Truman lanciarono le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Soluzione? Ma è lapalissiano, le energie rinnovabili: il sole, il vento! Come non pensarci prima? Poi gli fanno l’energia con il vento, ed eccoli a singhiozzare come Niobe perché i tralicci tolgono le tane alle formiche, e se proprio uno ha un binocolo, guastano il panorama! Insomma, sono difficili da accontentare, i passatisti. Soluzione? Fare come se non ci fossero, tanto, per definizione, passano. I progressisti sono già passati da un pezzo. Il mondo moderno, lacerato tra passatisti e progressisti, entrambi bimbi sognanti, manca, ahimè, di presentisti. Chi sono i presentisti? Quelli che, apprezzando il mondo in cui vivono, ringraziano Iddio e l’ingegno umano – pur esso figlio di Dio – che ci ha dato le medicine senza le quali appena mezzo secolo fa si crepava come niente; e il cibo in abbondanza, mentre prima la malattia più diffusa in tutto il pianeta era la fame; e il telefono, il computer, la tv, la chiavetta internet con la quale in questo momento sono collegato mentre mi trovo a Messina all’Università per documentarmi sul Tirreno Cosentino e scriverne la storia che mi hanno commissionata per e-mail e non per piccione viaggiatore. Tra un paio d’ore sarò a Soverato; e una volta per tale spedizione occorrevano tre giorni! Attenzione: magari qualcuno starà pensando che io sono progressista? Ma no, buon seguace del Vico so che prima o poi anche questa nostra esangue civiltà dovrà morire: è caduto l’Impero Romano... Sono, per dirla con Herz, un modernista reazionario; e tornerei sì volentieri a certe epoche del passato, ma per motivi diametralmente opposti a quelli dei passatisti: perché era duro, cattivo, faticoso, imprevedibile, pieno di donne ufficialmente imprendibili e poi... divertente, insomma. Ma basta parlare di me, ci pensano già gli imbucati di turno: grazie a Dio che stanno in letargo undici mesi e ventinove giorni l’anno. Carta da bollo per loro? Preferisco spendere per una pizza, che vale di più. Conclusione: i problemi del mondo tecnologico li può risolvere solo la tecnologia, e non il sogno di un futuro da fantascienza che sarà o che fu. E se la modernità comporta problemi, vanno risolti con i modi e i metodi della modernità. La Calabria, che è arretratissima non sono per strutture ma per mentalità, ha urgente bisogno di un imperatore Mutsuito il quale, nel 1868… Ma non ho voglia di continuare. Fatevi raccontare la storia del Giappone da uno dei tanti storici che pullulano a Soverato e dintorni. Sapranno tutto di Meiji, no? Provate a chiederglielo, e, se vi rispondono, capirete perché la Calabria di un Meiji ovvero Mutsuito avrebbe la massima impellenza, se si vuole salvare. Se non vi rispondono, come è certo, fatemelo sapere che provvedo. Ulderico Nisticò
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