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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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7 ottobre Lepanto e il Rosario
I Turchi nel 1453 avevano conquistato Costantinopoli, ponendo fine all’Impero Romano d’Oriente, o, da un altro punto di vista, dando vita a un impero più vasto e potente, con ambizioni di dominio universale. Nel 1480 attaccarono Otranto, con strage di ottocento cristiani. La città venne ripresa dal principe Alfonso, futuro re Alfonso II; comandava la cavalleria, e, fatto prigioniero, morì martire, Nicolò Picardo, l’amico di san Francesco di Paola: ancora oggi, di due amici strettissimi, si dice in Calabria che sono “Ciccu e Cola”. Il Regno venne protetto dai re aragonesi e, dopo il 1503, dai viceré castigliani con una rete di castelli e di torri cavallare. Su questo argomento torneremo presto con uno studio specifico. Nel 1517 Lutero iniziava la sua azione ereticale, scatenando diversi movimenti protestanti e separando da Roma gran parte dell’Europa Centrosettentrionale. Nel 1519 l’elezione all’Impero d’Occidente di Carlo d’Asburgo mosse alla guerra Francesco I di Francia e i suoi successori, che, di fatto se non apertamente, cercarono l’alleanza con i Turchi. La Chiesa, per altro non esente da grave corruzione, ritrovò la sua forza politica con Giulio II, e quella morale con l’indizione del Concilio di Trento. Anima culturale della Controriforma fu il nostro Guglielmo Sirleto. Intanto Carlo V batteva ripetutamente la Francia; nel 1528 salvava il Regno l’eroica resistenza di Catanzaro. Ma continuava l’assedio, da una parte dei Turchi, dall’altra dei protestanti. Occorreva un grande evento che, al valore pragmatico, aggiungesse un’alta valenza simbolica. Marcello Ghisleri, eletto nel 1566 papa Pio V, poi santo, ritenne di ricorrere a una sorta di crociata, che mettesse fine al pericolo turco, e, soprattutto, alle continue rivalità all’interno della sconnessa alleanza italospagnola. Con l’autorevolezza della Sede Apostolica convinse i Veneziani a porre la loro flotta, la più numerosa e potente, agli ordini di uno straniero di gran valore quale era Giovanni; e i Genovesi, nemici di Venezia, ad accettare l’alleanza; e, non senza raffinate pressioni e minacce, il re Filippo II a rinunciare al suo progetto di attacco a Tunisi e Algeri. Bisognava, infatti, colpire i Turchi nel loro territorio. La flotta dei “confederati” si riunì a Messina, dove pronunziò una veemente, ma anche accorta e politicamente dura orazione padre Lattanzio Arturo da Cropani, un uomo strettamente legato ai Sirleto e a Squillace. Partecipavano alla spedizione moltissimi marinai calabresi sulle navi del Regno o spagnole; e molti con proprie navi. Ne diamo qui un possibile elenco. Armarono navi Francoperta, Geria, Ferrante, de Cicco, Bosurgi, Galimi da Reggio; Carnevale da Stilo; Cavallo, Ventura da Amantea; Commercio da Francica; Coco, Comperatore, Falletti da Terranova; Manuardi da Rogliano; Parisio da Cosenza; Grandopoli da Corigliano; Merenda da Paterno; Marullo conte di Condojanni; il Corsale di Castelvetere (oggi Caulonia), terrore dei Turchi; tre navi di Tropea; due di Reggio; due dei Passacalò di Seminara; una dei Marini con Milio da Melicuccà; Cecco Pisano; Cavallo di Amantea; Gaspare Toraldo barone di Badolato. Fazzari, Sudano, Barone, Carrozza, Portogallo, Frezza, Galluppi, di Francia, Brisbal conte di Briatico cadranno in battaglia. La flotta mosse verso la Grecia, dove venne a incontrarla l’ammiraglio Alì con altrettante duecento navi. La superiorità tecnica, navale e militare dell’Occidente diede la vittoria ai nostri, e segnò la fine di ogni ambizione ottomana di conquista dell’Occidente; sebbene continuassero le incursioni. Anche la guerra, dopo Lepanto, continuò, piuttosto blandamente, spostandosi in Africa. Il papa, che era rimasto in preghiera, ebbe l’annunzio miracoloso da un angelo; e subito attribuì il successo alla Madonna, che volle onorare con il titolo della Vittoria, cui vennero dedicate chiese: e per questo molte donne si chiamano Vittoria qui da noi. Poi, da domenicano qual era, preferì il titolo della Madonna del Rosario. Sorsero confraternite con questa denominazione, molte delle quali sono tuttora in fiore. Si chiama ora del Rosario la nostra chiesetta, che dal 1941 al ’63 fu sede parrocchiale dell’Immacolata. Ma la presenza della Calabria non finisce qui. Comandava un’ala della flotta turca Ulugh Alì, nato Dionigi Galeni a Isola (oggi di Capo Rizzuto); fatto prigioniero, convertito, divenuto bey di Tunisi e poi di Algeri, infine grande ammiraglio del Sultano. Di lui abbiamo già parlato. La minaccia turca continuò, e il Regno dovette militarizzarsi. Castelvetere e Roccella dovettero respingere con i cannoni potenti squadre turche. Continuarono le incursioni, la più grave delle quali, nel 1594, devastò anche Soverato. Nel 1644 e l’anno dopo, venne saccheggiata per tradimento Stalettì. Venivano rapite donne per farle figliare; o possidenti per chiedere un riscatto; provvedeva l’Ordine cavalleresco dei Mercedari. L’ultimo rapito fu un Dominijanni di S. Andrea. Tradizione di famiglia – il loro soprannome è Turchi! – vuole che si salvasse fuggendo dalla nave. Il suo padrone l’aveva mandato a procurarsi delle nocciole, ma quando rivide il paese, trovò il coraggio di saltare in mare. Ulderico Nisticò
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