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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Cronaca nera da Reggio
È l’ora di combattere la mafia, e, ovviamente, non con le chiacchiere generiche e la retorica buonista e tutto il ciarpame dell’antimafia segue cena, ma con un’azione decisa e radicale. Finiamola con la bufala che la mafia, e la criminalità in genere, siano frutto dell’ignoranza, della miseria eccetera: i fatti straprovano che il giudice Giusti e l’onorevole Laganà, senza essere miseri pastori dell’Aspromonte, e nemmeno affiliati alla mafia con qualche arcaico rito, sono comunque dei rei di crimini sanzionati da sentenze; eppure sono benestanti e istruiti, con laurea. Tanto per fare due esempi, ma ce ne sono a iosa. Basta parole che alla mafia forniscono alibi sociologici o persino storici. L’esperienza della lotta al crimine organizzato mostra che si vince tagliando i legami, nemmeno troppo sotterranei, che uniscono il criminale dei boschi ai “manutengoli” in giacca o tailleur, incensurati e in prima fila alle manifestazioni antimafia, ma che in vari modi ci guadagnano sopra. Bisogna colpire gli interessi dei riciclatori, delle banche compiacenti, degli usurai, dei prestanome; e isolare così il criminale esplicito, quello che uccide, o quello, spesso peggiore, che non ordina le uccisioni, diciamo che le fa capire: come Calogero Sedara del Gattopardo; e che ricava dalla contiguità un utile in termine di voti, soldi, posti, carriere... Serve un’azione dura e rapida; e, intanto, i professionisti dell’antimafia facciano voto della decenza del silenzio. Ulderico Nisticò
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