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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Soverato e la storia della fede
Se la nostra cittadina ebbe vita sul mare come provano i resti affioranti, dunque prima ci si dovesse stabilire sulle fortezze dei colli, anche Poliporto nel 732 venne sottratta, per l’iconoclasmo, da Leone III a Roma e sottoposta, con la diocesi di Scolacio, detta poi Squillace, all’arcivescovo di Reggio. È in un elenco di beni della Diocesi reggina che compare, nel XII secolo, il toponimo scritto Souberàton, che, pronunziato in greco bizantino, fa il nostro dialettale Suvaratu, più di quanto non somigli il latino Suberatum dei documenti, di poco precedenti, della Certosa. Apprendiamo che un monastero di San Martino apparteneva a Squillace e a Soverato. Ne abbiamo già scritto su queste colonne. C’era comunque un clero di rito e lingua greci. Lo scisma avverrà nel 1054; e i Normanni, d’intesa con Roma, sostituirono i vescovi greci con dei latini, e restituirono la Calabria a Roma. A Squillace ciò avviene nel 1089; ma sia il clero sia il rito restarono qui e lì e a lungo greci. Cognomi e toponimi come Papa, Papandrea, Papagiorgio, Papasidero mostrano un clero regolarmente sposato. Il papa Lucio III permise a S. Severina, nel frattempo Metropolia (titolo non ancora inflazionato!) la recita del Credo senza l’utroque. Chissà se questi conflitti agitavano anche Soverato ormai sui colli? Nel 1310, riferisce don Domenico Cirillo in “Soverato 1577”, un libro che andrebbe ripreso, pagano le decime i “presbiteri” Constantinus Sgurò, Johannes, Rogerius, Georgius, Basilius Gactus, Nicolaus Coscata, Constantinus Brexinus, Peregrinus Raffitus, Petrus, Constantinus Thestitu, e il diacono Nicolaus Thestitu; si aggiungono nel 1325 un Johannes che risulta protopapa; e dei “dominus”, i “don” Gregorius Menna, Constantinus Sciro, Matheus Romeus, Peregrinus Rapti, Nicolaus Faccistu, Nicolaus Planteda, Guillelmus figlio del precedente, Johannes Cossapelli, e il diacono Petrus Zangari. Gli elenchi sono in latino, ma vi traspare molto greco; e con esso, cognomi ancora vivi: Bressi, Destito, Gatto, Raffa, Romeo, Sestito, Sgro, Zangari. Ai primi del XVI secolo (le date sono incerte) giunge a Soverato padre Francesco Marini da Zumpano, una pretoria di Cosenza, fondatore della Riforma dell’Ordine Agostiniano detta Zumpana. Erige il convento della Pietà, che oggi è finito in agro di Petrizzi; e ne fa una sorta di casa madre dei suoi circa cinquanta conventi. Di lui e della statua della Pietà abbiamo molte volte scritto; e l’abbiamo rappresentato, per la regia di Tonino Pittelli, in “Soverato 1521”; rimandiamo perciò a quanto detto, e agli studi di Domenico Pisani e di don Giorgio Pascolo. Aggiungiamo solo che la dicitura “beato”, che generalmente si accompagna al nome, è solo un’intenzione: un processo canonico non superò, diciamo non raggiunge la fase diocesana. Una figura singolare, e meritevole di approfondimento, è quello che in religione cappuccina è noto come padre Giacomo da Soverato, docente universitario e definitore generale dell’Ordine. Morì nel 1594, tornando a Napoli da una riunione in Roma. I Cappuccini ne venerano l’immagine ufficiale, che qui pubblichiamo. Lo stesso anno Soverato e la Pietà vennero saccheggiate dai Turchi. Il paese si riprese, e aveva almeno due chiese: la Matrice, dedicata all’Addolorata; e Santa Caterina d’Alessandria. Nelle Marine, poco popolate, risultano una chiesetta di San Nicola e una sotto la torre e il castello. Le non facili vicende di questa sono state narrate prima da Domenico Caminiti, poi, diffusamente, da U.N., Tonino Fiorita e don Italo Sammarro in “La fede tenace”. Risorse infine nel 1910; nel 1941 venne eretta la parrocchia dell’Immacolata, e la chiesetta ne fu sede fino al 1963, per essere detta infine del Rosario. La sede parrocchiale venne trasferita nella grande chiesa di piazza Maria Ausiliatrice. Era stata costruita intanto la chiesetta di S. Maria di Portosalvo, oratorio privato dei Caminiti, ma aperta alla devozione popolare. La storia della seconda parrocchia è strettamente legata alla più che secolare presenza salesiana. Anche per questa rimandiamo al volume che, nel 2003, venne pubblicato dall’Unione Exallievi, “Et animas et caetera”, sul centenario: i primi salesiani visitavano, infatti, la Marina nel 1904. Nel 1908 don Rua celebrò la prima Messa in S. Antonio. Intorno al 1920 i Salesiani lasciarono definitivamente Borgia dov’erano stati male accolti da tutti, clero compreso, e, ben diversamente ricevuti, a Soverato diedero vita all’opera e alla scuola che conosciamo. Nel 1941, come dicevamo, la nuova parrocchia venne affidata alla “pia societas Salesianorum”. Don Bosco è stato dichiarato compatrono della città. Patrona resta l’Addolorata, che dà anche il titolo all’antica parrocchia di Soverato Superiore. Nel 1944 giunsero a Soverato le salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice, la cui opera educativa e scolastica troneggia nel bel mezzo della città; e nel 1950, le Gerardine, che tanto bene fanno a Soverato Superiore. Resta da dire delle molte icone, di cui ha scritto don Italo: molto singolare è la Madonnina del mare, immersa sullo scoglio di Ciccillo. Non mancano i liberi coetus: Associazione Amici di san Gerardo, Charitas, Comitato Madonna a mare; Unione Exallievi dell’Istituto e delle FMA… oltre agli organismi canonici delle parrocchie. Insomma, nell’anno della fede Soverato può fare certamente meglio, ma non di più; anzi, più utile non far di più, e badare a far meglio. Ma fidatevi di uno che viaggia moltissimo, e fa i paragoni: le Messe di Soverato sono frequentatissime a tutte le ore; a Caen di Normandia, nell’immensa cattedrale di Guglielmo il Conquistatore grande sei o sette campi di calcio, contai una ventina di persone alla Messa di sabato sera! Soverato ha i suoi problemi, ma tra questi, grazie a Dio (alla lettera!) non c’è l’eclissi della fede. Quanto alle coscienze, solo Dio le può leggere.Ulderico Nisticò
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