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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Alcuni punti sul cosiddetto brigantaggio
2. La cultura liberale e genericamente patriottica del 1860 usò lo stesso epiteto contro i rivoltosi borbonici; e tuttora la retorica risorgimentalista non sa andare più in profondo dell’ingiuria! 3. L’interpretazione di sinistra, espressa dal Gramsci, vede nel fenomeno una rivolta sociale contro le ingiustizie; tesi che pare logica senza esserlo affatto: non è che le ingiustizie siano improvvisamente iniziate nel 1860; e tanto meno gli insorti protestarono già nel 1860 contro leggi e provvedimenti di privatizzazione delle terre pubbliche ed ecclesiastiche, che inizieranno solo anni dopo. 4. Non resta se non l’interpretazione politica: gli insorti combattevano per il Regno delle Due Sicilie, per il re Francesco II, per la religione e la tradizione. Lecito essere d’accordo o in disaccordo, ma bisogna riconoscere all’insorgenza la sua dignità ideale e ideologica, così come riconosciamo i sentimenti patriottici dei liberali e democratici. 5. Liberali e democratici, nel XIX secolo, sono in netta contrapposizione. I secondi, in testa Garibaldi, erano repubblicani e socialisteggianti; i primi erano monarchici e sostenitori della proprietà privata: mica poco! Le promesse democratiche, per altro verbose e false, come ben si vide a Bronte, vennero semplicemente cassate dai liberali! 6. Gli insorti appartenevano a tutti i ceti sociali, dai contadini agli ufficiali e nobili. Non mancarono donne, e forse fu una donna l’ultimo capo di banda a morire in combattimento, nel 1868, la bella e fiera Michelina de Cesare. 7. Il Regno di Sardegna, dal 17 marzo 1861 Regno d’Italia, dovette usare fino a 120.000 soldati per occupare il Mezzogiorno; e i combattimenti durarono per lunghi anni. L’esercito sardo-italiano contò alla fine più morti che nelle tre guerre d’indipendenza assieme! 8. Le bande di insorti non riuscirono o non vollero mai coordinarsi; e il tentativo del re di inviare a comandarli lo spagnolo Borjes fu di breve durata. I “briganti” caddero in combattimento o si arresero. Altri lasciarono la loro terra, primi emigranti meridionali: l’emigrazione per ragioni economiche inizierà, a Sud, solo gli ultimissimi anni dell’Ottocento. 9. Ricordare questi eventi devi inorgoglirci; ma è inutile, se non ne facciamo un momento di riflessioni che, partendo dalla storia, giunga al presente e all’avvenire. 10. Il Meridione è oggi, in proporzione, assai più inferiore al Settentrione del poco che non fosse nel 1861: ha infatti, in apparenza, lo stesso progresso, ma ha perso ogni capacità produttiva, e perciò è privo di ogni autonomia economica, e non di meno di ogni identità culturale e ideologica. Occorre superare la fase del recupero della memoria, pur importante, e scendere sul terreno concreto dei problemi di una classe dirigente incapace, di un ceto burocratico parassitario, di un diffusissimo assistenzialismo avvelenato e di cui beneficiano più altri che i Meridionali. Occorre un movimento politico che trovi la forza concettuale e numerica di esercitare ogni possibile pressione per ottenere non “interventi” o altre forme di soccorso, ma il recupero dell’autonomia produttiva. Ulderico Nisticò
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