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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Riflessioni sul porto d’armi
Ma come vanno le cose, in America? Dal lontano 1796 un emendamento costituzionale garantisce a tutti il possesso di armi; e c’era ragione, perché dovevano vivere in terre selvagge, e non si poteva sottilizzare. Oggi non si trovano in giro Apaches e bisonti, perciò si potrebbe anche imporre un porto d’armi (l’Impero Romano era così in grado di assicurare l’ordine che vietò le armi agli Italici, e lo Stato, dice Cicerone, esiste “ne cives ad arma veniant”, avocando a sé la forza legittima): magari con regole più blande che in Italia di oggi, perché l’America è grande; però, una cosa è detenere una rivoltella, ben altra un fucile a ripetizione il cui tiro è micidiale anche a distanza. Soffermiamoci un tantino sulla mammina delicata armigera, che, consapevole di avere un figlio privo di senno, lo assisteva e curava portandolo al poligono, dove il folle deve aver studiato con serietà, se poi mostrò tale destrezza. In Italia i cacciatori devono conservare le armi con ogni cura; in America ogni scemo del villaggio può prendere l’archibugio di papà e mamma, e tirare senza limiti. Devono fare qualcosa. Un corollario: se la legge vieta di portare armi a scuola ma le permette in qualsiasi altro luogo, consiglio a presidi professori bidelli e allievi di lasciarne sempre una carica nell’auto parcheggiata di fronte. Ulderico Nisticò
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