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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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L’ABATE GIOACCHINO
Ciò premesso, parliamo di Gioacchino, “l’abate calavrese di spirito profetico dotato” del XII del Paradiso; segno di contraddizione del suo secolo, il 1100, e pietra miliare del pensiero teologico e filosofico che possiamo chiamare millenaristico. Come sarà molto tempo dopo con l’idealismo hegeliano, la sua è una visione triadica che muove dalla riflessione sul mistero della Trinità: c’è stato il tempo severo del Padre; il tempo misericordioso del Figlio; ma deve venire il tempo perfetto dello Spirito, la fine della storia e l’ottenimento della pace senza bisogno di leggi e di autorità. Bastava per attirarsi nemici e tra alcune autorità ecclesiastiche e tra i sempre attenti teologi di altro sentire, tra questi soprattutto Pier Lombardo, che ottenne non la condanna per eresia, ma la dichiarazione che le dottrine gioachimite erano “errate”. Così s. Tommaso d’Aquino gli nega la virtù della profezia, e, a proposito dei ragionamenti politici espressi ai sovrani Normanni e Svevi, le giudica “sana congettura di mente”. Dante, non esitando a chiamarlo profeta, è assai più vicino a Gioacchino di quanto appaia dalla semplice citazione. Gran parte dell’ispirazione teologica della Commedia è palesemente gioachimita, a cominciare dalla disposizione triadica del poema, dallo schema alle stesse strofe; per finire con la simbologia trinitaria e cristologica degli ultimi canti del Purgatorio e del XXXIII del Paradiso, comprovata, com’è ben noto in critica letteraria, dal Liber figurarum. Lo stesso incipit del poema, le belve, richiama, certo volutamente, un poemetto di Gioacchino. La rappresentazione della Trinità con tre cerchi inscritti è rigorosamente e volutamente gioachimita. Ci sarebbe materia per gran lavoro di studio sulla cultura calabrese del Medioevo latino, quasi del tutto sconosciuta; e, più in generale, della nostra storia tra cultura greca e cultura latina; nonché sulla funzione spirituale, culturale, economica delle grandi abbazie, anch’essa o misconosciuta o ridotta a visione ecclesiasticamente corretta. So bene che a S. Giovanni in Fiore opera meritatamente un Istituto di Studi Gioachimiti; ma la sua attività è scientifica e filologica, mentre bisognerebbe anche preoccuparsi di far conoscere la figura di Gioacchino fuori della ristretta cerchia degli specialisti, magari con meno scienza e con più ampia popolarità, pure a scopo di onesto turismo culturale. Chissà quanti ricordano che Obama, nel corso della sua prima campagna elettorale, chiamò in causa il profeta… certo a sproposito e con qualche spennellata di indebita interpretazione massonica e utopia, ma era una buona occasione mondiale da cogliere, ovviamente lasciata cadere nel vuoto torricelliano e da S. Giovanni e dall’intera Calabria: come s. Francesco, come tutto il resto. Io propongo qui a Regione, Province, Comuni, Università, Chiesa eccetera di riparare al difetto. Mi risponderà mai qualcuno? Ovviamente, no. Correggetemi se sbaglio, e ve ne sarò grato.Ulderico Nisticò
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