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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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I martiri di Otranto e le amnesie calabresi
Nel 1480 i Turchi, che da pochi anni si erano impadroniti di Costantinopoli, tentarono la conquista dell’Occidente, assalendo e prendendo Otranto. Ottocento cittadini, rifiutandosi di abiurare alla Fede cattolica, vennero decapitati, e i loro crani sono conservati devotamente nella splendida antica cattedrale. Sono questi i Martiri che, sia pure tardivamente, saranno dichiarati santi il 12 maggio. Contro i Turchi accorse con l’esercito il principe ereditario del Regno di Napoli, Alfonso duca di Calabria, un uomo dal cattivo carattere, dissero i contemporanei, ma allora una vera benedizione proprio perché di cattivo, pessimo carattere, e non come i Meridionali in genere che prima pensano e poi non fanno. Comandava la sua cavalleria Nicolò Picardo da Paola, fraterno amico di Francesco; e ancora oggi di due amici veramente stretti si dice da noi “Cicco e Cola”. Di lui così narra il padre Fiore (Della Calabria Illustrata, Tomo II, a cura di U.N., Rubbettino, 2000): “La notte medesima, nella quale nacque s. Francesco patriarca de’ Minimi, venne alla luce di altissimo lignaggio Nicolò Picardo; così onorando la medesima città di Paola Francesco confessore e Nicolò martire. Venuto intanto Nicolò agli anni, si applicò alla milizia, nella quale riuscendo valoroso, il re Ferdinando [Ferrante I] lo fé capitan di cavalli della sua guardia; passò poi capitan di cavalli con Alfonso duca di Calabria nelle guerre d’Otranto assediata dal Turco. Non erano né senza sangue nemico, né senza gloria sua e de’ suoi le spesse scaramucce, che contro di quelli quasi ogni dì egli sortiva; onde mezzo confusi non sapevano, come o averlo nelle mani vivo, o levarselo da dietro le spalle, morto. Ordinò per tanto Agmet generale de’ Turchi, che contro di lui singolarmente si drizzassero, qualunque elleno si fossero, le offese. Scavata dunque una gran fossa, e covertala d’insidiose frondi, il dì seguente ve ‘l portarono i perfidi fingendo paurosa fuga; onde cadutovi incauto, l’ebbero vivo nelle mani. Che non fecero gli empi, ora con promesse, ora con minacce, per guadagnarlo a Maometto? Ma egli saldo a Cristo, per amor di cui avea intrapreso il combattere, rifiutando ogni offerta e spregiando ogni qualunque minaccia, fu perciò sentenziato alla morte, qual incontrò a ginocchio piegato, con occhio alzato al cielo, e con la bocca sempre ripetendo la confessione della Fede, unica, e sola cagione del suo morire. Così moriva Nicolò in Otranto, e così vedeva di Paola s. Francesco, onde tosto il pubblicò martire nella Chiesa, e glorioso nel Cielo”. La Calabria, che già fece molto poco (a parte l’opera dei frati) per Cicco nel 2007, non ha fatto nulla per Cola. Di Nicolò Picardo, che sarebbe martire per la stessa ragione teologica degli Otrantini prossimi alla santificazione, e sancita da s. Tommaso d’Aquino, di essere stato ucciso in odio della Fede, non si è ricordato nessuno; come succede sempre alla storia calabrese, di cui, e a stento, si sa che qui ci fu una vaga Magna Grecia senza far nomi; i monaci erroneamente chiamati basiliani; la fucilazione di Murat ma non chiedete chi fu; l’emigrazione e la mafia; e qualche buffa bufala tipo sbarco di Ulisse e i templari. Per far santo anche il valoroso e ferreo Picardo entro il 12 maggio, è tardi; ma sarebbe bello che qual giorno almeno l’Ordinario Diocesano, il Parroco di Paola e i Padri Minimi celebrassero una S. Messa per lui; e magari ciò si facesse anche in altre chiese della Calabria. Ulderico Nisticò
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