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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Odonomastica soveratese
Caduto il fascismo, imperversò Matteotti, che sarà stato anche una vittima, non dico di no, però al di là di questo non vantava altri meriti che aver detto quello che dicono tutti quando perdono le elezioni, che la colpa è del governo. Sinistra anticlericale e massoneria riempirono i paesi di Giordano Bruno; dove fu possibile, i democristiani risposero con santi e santificandi: ed ecco perché la più lunga strada di Soverato è dedicata ad Amirante che non sappiamo se nacque qui, comunque era di famiglia napoletana e se ne andò senza mai farsi vivo con una cartolina illustrata. Fra Giacomo da Soverato e Francesco Marini da Zumpano, così importanti per la nostra storia, hanno viuzze poverelle. Cassiodoro ha una via senza abitanti. Negli anni della politica politicante, venne l’ora della spartizione delle strade in proporzione ai voti: ed ecco Nenni, Amendola, Moro, Guarasci e altri dimenticati il giorno dopo il trapasso; e abbiamo pure noi una via Kennedy assai più grande della modestia del personaggio. Altre intitolazioni restano misteriose, e vorremmo anche sapere se esistono delibere comunali a tal proposito. Né difettano in Soverato le intestazioni autogestite. Qualche anno fa, venne creata una commissione informale per la toponomastica, e chiamarono anche me. Si scatenò la Babele: un illustre componente voleva dedicare una via a un tal giudice, allora di moda, che però mostrava un piccolo neo di fronte alla legge: era ancora vivo; le femministe proposero una via a non so quale pasionaria messicana, confessando che della sua esistenza avevano appreso il giorno prima. Morale, la commissione si sciolse com’era stata costituita: informalmente. Bisognerebbe mettere mano seriamente alla questione. Mancano in Soverato luoghi dedicati alla storia e alla cultura meridionali: per dirne una, non c’è Giovan Battista Vico; e non sono ricordati personaggi rilevanti come Domenico Caminiti, Mario Munizzi, Vincenzo Guarna… Manca il Gagini, l’autore della Pietà. Eccetera. Per evitare l’assalto alla diligenza e le richieste di intitolazioni a “mio nonno che era…”, occorre stabilire dei criteri, che qui brevemente propongo: 1. Rispettare senza deroghe il regio decreto 10 maggio 1923, n. 1158, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473: solo così si evitano le scelte e simpatie ideologiche e le ondate di passeggero epidermico entusiasmo, se si aspettano i dieci anni dall’ultimo respiro del personaggio da onorare: se dopo tanto tempo ancora se lo ricorda qualcuno, bene; se no, requiescat in pace senza via;2. Stabilire priorità di rilevanza mondiale (Dante, Marconi); nazionale (Ariosto, Campanella, Leopardi, Manzoni, Vico… ); regionale (Alvaro, etc.); cittadina (i detti sopra e altri… ): ma in modo che i personaggi importanti per la città abbiamo comunque una sorta di riserva di posti in quanto non oggettivamente importantissimi, però rilevanti per la comunità; Lo stesso per date ed eventi vari. 3. Comprovare la rilevanza del personaggio va attraverso biografia ed eventuale bibliografia; e possibilmente a cura di chi è in grado di intendere e volere, con rigorosa esclusione di venditori di fumo; 4. Conservare il più possibile la toponomastica tradizionale (Beltrame, Ciaramidio, Piani d’Alena, S. Nicola, Turrati… ). 5. Cancellare intitolazioni incongrue a politicanti senza alcun merito di memoria, e di cui nessuno oggi saprebbe indicare chi fossero e cosa avessero fatto di bello per campeggiare sulle nostre vie e restarci nei secoli. So che è difficile, per ragioni burocratiche, disintitolare, ma è uno sforzo che vale la pena: le strade, infatti, s’intestano per i tempi lunghi, e sono un po’ l’immagine della città anche agli occhi dei forestieri. Ulderico Nisticò
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