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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Ho visto Aspromonte
- il film non è comico né tragico né intenso né brillante né panettone né documentaristico né olografico né celebrativo e nemmeno piagnone né ispirato a qualche importante ancorché discutibile concetto filosofico o ideologico o altro; - la trama è fragile, quasi inesistente, e si conclude com’è iniziata, in modo poco comprensibile, più un’insinuazione vagamente ambientalista; e non suscita emozioni; - i dialoghi sono minimi e banali, e non consentono di caratterizzare le figure; - Franco Neri recita la parte del malinconico per far dimenticare che è un comico (e non ci sarebbe niente di male ad esserlo, anzi!); con tutta la buona volontà, non ha saputo scegliere soggetto, sceneggiatura e ruolo; - l’unico personaggio veramente dignitoso è il forestale settentrionale (sarebbe portatore di un dramma intimo, ma i telegrafici dialoghi non ci consentono di saperne di più!), nella decorosa recitazione dell’attore Piermaria Cecchini; i personaggi calabresi ci fanno la solita mediocre o magra o buffa figura; - la cornice è vagamente antropologica di maniera, con macchiette di cent’anni fa come il tizio dei pappagallini e il barbiere paramafioso; - c’è chi loda la fotografia, ma non è il caso: l’Aspromonte è da cartolina dei primordi delle foto a colori; - a parte Pietra Cappa e Polsi che se uno c’è stato li riconosce, che è l’Aspromonte bisogna crederlo per fede, giacché i boschi del film, ripresi dall’alto, sono identici a tutti i boschi di montagna del mondo; - le inquadrature dei paesi paiono fatte apposta per sottolineare il degrado non solo economico ma morale; - niente si avverte dei molti e fascinosi miti dell’Aspromonte: la Sibilla, i Paladini, la magia… evidentemente sono ignoti a regista e sceneggiatore, e non hanno fatto nulla per colmare le loro lacune; e la storia, dai Siculi in poi, è ancora più ignota; il solo accenno è mormorare qualcosa su Garibaldi “fu ferito”: come dire che la nostra storia inizia nel 1860, anzi 62; uno di questi giorni, cari lettori, vi racconto tutto io; - e non guastava un’occhiata al mondo moderno, che è del tutto assente dal film: impianti sportivi di Gambarie; porto di Gioia Tauro… - un particolare curioso, ma il cinema, come la letteratura, è fatto di particolari: siccome il film dev’essere politicamente corretto, le ragazze improbabili bagnanti di montagna sono in costume molto meno succinto di quello degli anni 1970, e saremmo nel 2013! Il film nelle normali sale cinematografiche dove la gente paga il biglietto per assistere alle proiezioni ha incassato la pantagruelica somma di euro 1.970 (fonte, www.movieplayer.it); non ho scordato gli zeri, proprio mille novecento settanta, cioè lo hanno visto tre, quattrocento persone; perciò stesso non serve allo scopo di far pubblicità positiva alla derelitta Calabria. Forse sarà ancora proiettato in circuiti protetti, e poi finirà in polverosi magazzini, reparto illusioni perdute. Esattamente il contrario di “Benvenuti a Sud”, che non solo la pubblicità al Cilento l’ha fatta, eccome; ma ha incassato un pacco di milioni. Ma lì c’era una trama, affidata ad attori di peso, e il paesaggio faceva solo da sapiente sfondo. Ulderico Nisticò
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