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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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La morte di Mussolini
1. Gli Angloamericani nell’aprile del 1945 sfondarono la Linea Gotica, mentre la Germania stessa veniva occupata; Hitler cedette i poteri all’ammiraglio Doenitz, che trattò la resa delle FFAA; alcuni reparti tedeschi in Italia varcarono le Alpi, altri si arresero; gli Angloamericani occuparono l’Alta Italia; i partigiani (80.000 secondo pubblicazioni ufficiali dell’ANPI, poi cresciuti a dismisura nei decenni!) avevano preparato l’insurrezione per il momento del crollo del fascismo e della ritirata dei Tedeschi, con il progetto politico di sostituirsi alle strutture della Repubblica Sociale: per qualche giorno riuscirono a occupare Milano, Genova e qualche centro minore, giungendo fino a nominare dei prefetti: ma, al seguito degli Angloamericani, arrivò il piccolo esercito di Badoglio, e, quel che conta, con esso i Carabinieri, e venne velocemente restaurata l’autorità dello Stato. 2. La Repubblica Sociale, che fino agli ultimi giorni aveva fatto funzionare i suoi apparati con sorprendente efficienza, si dissolse all’improvviso; il maresciallo Graziani nella veste di comandante dell’armata italotedesca Liguria si arrese agli Alleati; i reparti armati fascisti – Brigate Nere, Guardia Nazionale, Muri, Decima… - andarono incontro a sorti diverse. 3. Un gruppo di gerarchi lasciò Milano verso Como fucilati a Dongo: tra questi, per quel che ci interessa, Vito Casalinuovo, di S. Vito I., che era ufficiale d’ordinanza di Mussolini; e quel Bombacci che, già fondatore del Partito Comunista d’Italia, poi divenuto fascista, era fin dai tempi giovanili amico di Mussolini: un mistero, perché si fosse separato da lui; e perché Mussolini non fosse in quel gruppo. 4. Perché, se è vero, si trovava in un reparto germanico; e perché questo, ordinato e bene armato, avrebbe abbandonato Mussolini ai partigiani? 5. Secondo la versione ufficiosa ma divulgata, Benito Mussolini sarebbe stato ucciso a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945 da Walter Audisio, nome di battaglia Colonnello Valerio; il cadavere, con quello della Petacci e dei gerarchi, venne esposto a piazzale Loreto di Milano. Ma sul resoconto di Audisio si affacciarono ben presto dei dubbi, ed egli stesso raccontò i fatti, negli anni, con più d’una contraddizione. Sulla stessa autenticità del corpo del duce si potrebbe eccepire, se il volto è del tutto irriconoscibile. Dubbi, dunque, mai fugati. Quello che è certo, è che Mussolini doveva morire: i partigiani, e i comunisti in specie, avevano interesse a concludere la guerra civile con un evento tragico e spettacolare di valore simbolico; i partiti che, resuscitati nel 1943, di fatto già governavano l’Italia, avevano bisogno di non trovarsi un interlocutore di quello spessore; gli Americani avevano annunziato l’intenzione di sottoporre Mussolini a processo, il che, come meglio diremo, li imbarazzava non poco; e forse c’è qualcosa di vero che qualcuno aveva impellenza di recuperare documenti assai compromettenti, come si disse delle lettere di Churchill al duce. Un processo a Mussolini, delle due è l’una: o sarebbe stato del tutto falsato; o a domande avrebbe risposto, Benito! Ed è facile immaginare come avrebbe tirato in ballo tutti quelli che, in un modo o nell’altro, per vent’anni, avevano avuto a che fare con lui e con il fascismo: i Savoia, Badoglio, la Chiesa, gli industriali italiani, gli intellettuali, Roosevelt, Chamberlain, il suddetto Churchill… e Mussolini, se gli fosse stato consentito di parlare, non avrebbe risparmiato nessuno. Un’illazione? Ma no, pensate ai processi che negli anni seguenti minacciati non si fecero: Hoeneker, tiranno della Germania Est morto, guarda tu, in Paraguay; Milosevic, morto alla vigilia delle udienze; Ceausescu, Saddam, Gheddafi; e non scordiamo i nostrani Pisciotta, Sindona, Calvi, Gardini… tutti morti in circostanze comode per qualcuno. Anche il duce doveva morire. E c’è una ragione più profonda e più nobile perché dovesse morire, ed è che in questa Italia sempre pronta ai compromessi, se non fosse caduto come un eroe tragico, sarebbe vissuto ancora a lungo come un superstite di se stesso; forse gli avrebbero comminato qualche condanna, persino all’ergastolo, per poi liberarlo: come accadde a Graziani, e ancor meno subì Junio Valerio Borghese; o avrebbe beneficiato dell’amnistia Togliatti! Non posso immaginare il duce divenuto un pensionato della politica, fantasma del passato, o magari parlamentare e sindaco di Predappio. Con Mussolini vivo, il fascismo non sarebbe stato quel mito che fu fino alla fine ingloriosa del MSI degenerato in Alleanza Nazionale mezzo democristiana. Il destino gli fu benevolo, e gli risparmiò la malinconia di Napoleone a S. Elena; o la figura patetica di Cambronne, che trascorse anni a negare, non creduto, di aver detto la parolaccia a Waterloo. No, gli eroi devono morire in piedi, per avere in cambio la gloria! La morte deve trovarli vivi! Un corollario: sia eroe sia gloria sono due concetti molto ambigui, neutri, da non intendere mai in senso borghese e buonista. Regolatevi, prima di scrivere interventi moralistici, bacchettoni e politicamente corretti. Ulderico Nisticò
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