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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Soverato e don Bosco
A Soverato i primi padri salesiani giunsero nel 1904 da una casa sorta a Borgia e destinata a breve vita; presero alloggio in una casetta di via Chiarello, e tenevano un primo oratorio festivo. La nobildonna Scoppa donò a don Rua alcuni appezzamenti e caseggiati, un cespite che certo incoraggiò l’opera: ma la vera ragione è che Soverato era, allora, la più moderna e vivace realtà economica e sociale della costa ionica, e richiedeva anche una religiosità nuova e adatta a tempi d’imprenditorialità e lavoro ed esigenze d’istruzione. Nel 1908 sorgeva la chiesa, dedicata per volontà della Scoppa a sant’Antonio, e iniziava l’oratorio; da lì a poco, la scuola. La riforma Gentile del 1923 favoriva, infatti, l’istituzione di scuole “private” dove lo Stato non ritenesse opportuno crearne di proprie. Entro il 1930 funzionava già un Ginnasio quinquennale, con internato di collegiali e semiconvittori di Soverato; mentre l’oratorio accoglieva i giovani ed era una sorta di scuola di tutti. Soverato acquisì prestigio regionale come sede di studi, e ne trasse vantaggio anche materiale per la presenza periodica di famiglie d’interni provenienti da tutta la Calabria. L’educazione di don Bosco sortì effetti nella religiosità, nella cultura, e in un aspetto che, per antica e radicata tradizione, era sempre stato assai trascurato nella nostra antichissima e dotta ma rustica terra: quello delle buone maniere, insegnate dai Salesiani o per amore o per forza! L’oratorio e la scuola creavano anche ad attività parallele che lasceranno il segno: il teatro, il cinema, la musica, il calcio, la pallacanestro. Intanto la Marina di Soverato, già sede comunale dal 1881, andava crescendo per commerci e industrie, ed era anacronistico che per le esigenze religiose dipendesse da Soverato Superiore. La chiesetta oggi della Rosario era stata restaurata, ma la sede parrocchiale restava, infatti, nell’Addolorata. Furono ancora i Salesiani, anche giovandosi degli ottimi rapporti con il governo fascista e delle entrature in Vaticano, a superare ogni resistenza, e, istituita nel 1941 la parrocchia dell’Immacolata, queste venne affidata alla Pia Societas Salesianorum, come resta tuttora. Nel 1944 giungevano le suore Figlie di Maria Ausiliatrice, che prendevano alloggio nell’asilo, nucleo dell’attuale grande complesso. Istituirono in breve un Magistrale, anch’esso con internato ed esternato femminili, oggi evoluto in una varietà di corsi e altre attività; senza trascurare l’asilo e l’oratorio. Nel 1953 il Ginnasio salesiano divenne Liceo; l’istituto si ampliò, e il numero degli allievi crebbe alle diverse centinaia. Anche i Salesiani erano allora moltissimi. Un elenco abbastanza esaustivo è stato pubblicato in “Et animas et caetera” (1994) dell’Unione Exallievi con testo di UN; ma voglio qui ricordare, per non far torto a nessuno, alcuni almeno dei miei professori: L’educatore don Gelmi (allora i Salesiani si chiamavano per cognome); don Voci, don Vecchi cui devo, e a mia mamma, il latino; don Mariani, il greco (e nella filologica e grammaticale Pisa mi guardavano, i proff, con ammirazione se rispondevo a domande sconoscendo le quali non io ma uno qualsiasi egli, a parte bocciarlo, gli avrebbe levato il saluto); don Leo, che m’insegnò come si fa uso libero e allegro e grave dell’italiano; e don De Lucia, per merito del quale il tassista di Parigi mi disse “vous parlez très bien la langue française”; e don Pacifico, che mi suggerì come in fondo in fondo la cultura è importante, però ci si può anche scherzare sopra, preziosa educazione alla verità; e don Torriano, don Bergia… e tutti m’insegnarono anche come si fa a insegnare senza per forza essere piatti e prevedibili, e diventando, come io sono diventato, anche amico dei propri allievi molti anni dopo la scuola. Già, perché quando ci davano le barocche e gesuitiche medaglie d’oro, d’argento e di bronzo per il profitto, dietro c’era scritto questo ammonimento: “Non scholae sed vitae discimus”: non per la scuola ma per la vita impariamo. Dopo tanti anni, e pur in presenza di molte altre scuole, Soverato è ancora salesiana nella tradizione didattica ed educativa dell’Istituto e delle FdM, e nella parrocchia. Una salesianità che, con qualche rara maldestra eccezione, è stata palpabile ma discreta, senza pesare sulla vita politica della città, senza pretendere esclusive e monopoli, ma sapendosi confrontare con altre realtà; e che non ha mai dimenticato il “da mihi animas” di don Bosco, e che la prima finalità è formare il “buon cristiano”, e per questo anche “onesto cittadino”. La Madonna Ausiliatrice salesiana ha il Suo bel da fare per proteggerci, in questo momento delle poco felici vicende soveratesi, ma, assieme al compatrono don Bosco, siamo certi che lo farà. Occorre qualche speciale preghiera, e che un po’ tutti, in stile operativo salesiano, diamo una mano. Ulderico Nisticò
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