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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Attualità di Aristofane
La democrazia in quanto ideologia e in quanto applicazione concreta raggiunge il suo apice e di benefici e di contraddizioni in tre esempi delle umane storie: gli Stati Uniti d’America di oggi; la Firenze dei secoli XIII – XVI; e l’Atene dei primi del V secolo a. C., con queste caratteristiche: Ci vorrebbe un librone per dimostrare ognuna di queste mie affermazioni; per ora, fidatevi; e, per quel che ci riguarda, basta un breve saggio della letteratura dello stesso periodo in Atene: le Eumenidi di Eschilo per la giustizia; l’Antigone di Sofocle per le leggi divina e umana; la Medea di Euripide per gli stranieri; il pensiero politico di Platone; le Storie di Tucidide e Senofonte; l’Orazione per l’invalido di Lisia… ce n’è a iosa. La commedia antica, a noi nota attraverso Aristofane, è il documento più evidente del dibattito politico anche quotidiano di Atene: nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse, il poter occulto delle donne anche nella vita politica; nelle Rane, l’attacco alla letteratura intellettualistica e noiosa tipica di ogni mondo “moderno”; nelle Nuvole, il dileggio di Socrate e della filosofia “né in cielo né in terra” e campata in aria; negli Acarnesi e nei Cavalieri, la decadenza della classe politica dopo la morte del tiranno democratico Pericle; nella Pace, la critica radicale alla democrazia imperialista e guerrafondaia… Nelle Vespe, la beffa al sistema giudiziario. Nelle Eumenidi, come accennavamo, Eschilo aveva cantato le glorie dell’antichissimo tribunale sacro dell’Areopago, che si avviava a perdere ogni potere, anche se era in vita ancora quando vi venne ascoltato, di mala voglia, san Paolo; nell’Antigone, si contrappone la legge eterna di Zeus alle leggi scritte e mutevoli e contingenti degli uomini. La giustizia ad Atene finì amministrata da una legislazione di innumerevoli e poco omogenee leggi approvate da assemblee di sfaccendati; e discussa di fronte a una Eliea di centinaia di membri, sfaccendati in cerca di una retribuzione di tre oboli! Due esempi; ben nota, la condanna di Socrate (Aristofane ha le sue pesanti responsabilità); l’altro, di qualche tempo prima e che condusse Atene al disastro: la città era allo stremo, ma, dopo la battaglia delle Arginuse, in cui miracolosamente una flotta ateniese aveva sconfitto gli Spartani, gli ammiragli invece di venire accolti come salvatori della patria furono processati e condannati a morte per non essersi fermati a raccogliere i corpi dei caduti; i loro successori furono così imbecilli da lasciare la flotta senza difesa ad Egospotami, dove Lisandro la bruciò con il solo disturbo di appiccare il fuoco! L’anno dopo abbatté le Lunghe Mura a suon di flauti. Legge e giustizia laica erano, in Atene come in America, la sola religione superstite, e con un fanatismo solo in apparenza meno rozzo di quello di certe religioni: anche in Italia il rischio di incappare in una delle molte decine di migliaia di leggi approvate e molto spesso dimenticate, ma non è certo, sarebbe altissimo! Ad Atene bastava che un “sicofante” si ricordasse di una disposizione qualsiasi, e si finiva sotto processo, con grande gaudio e dei giudici di mestiere e dei logografi: siccome ognuno si doveva difendere da solo e non c’erano avvocati, si facevano scrivere i discorsi; a dimostrazione che le leggi si aggirano alla grande proprio dove ce ne sono tantissime e si ricordano o meno a caso. Non scrive forse Tacito che “corruptissima re publica plurimae leges”? Poi quella dei tribunali divenne una vera nevrosi, e le Vespe la mette alla berlina. Ogni riferimento al 2013 italiano è palesemente voluto! Ci siamo un po’ scordati di Firenze, però, dove l’uso politico della giustizia era cosa all’ordine del giorno: ne seppe qualcosa padre Dante mandato in esilio e poi, per sicurezza, condannato in contumacia al rogo; e Cosimo il Vecchio dei Medici (XV secolo), che i suoi moltissimi nemici tentarono di eliminare per via giudiziaria. Il risultato fu che i Medici governarono e poi regnarono fino al 1737, finendo solo per estinzione biologica, altrimenti sarebbero ancora lì! Fatelo sapere ai giudici di Milano. Aristofane dunque appartiene alla numerosa e agguerrita schiera degli antidemocratici generati proprio dalla democrazia ateniese; non ha però la radicalità di Platone, il teorico della disuguaglianza umana come metafisica; né la virulenza di Eschilo e Senofonte che lasciarono la città per non vivere in democrazia. Conservatore piuttosto che reazionario, bonario borbottatore, del sistema democratico coglie gli aspetti buffi, e li affida all’arma raffinata della satira. Del resto gli antidemocratici di Atene non avevano un’alternativa davvero praticabile, se non, dopo il disastro provocato dai demagoghi Cleone e Alcibiade e quel Vietnam degli Ateniesi che fu la spedizione di Sicilia, le riforme restrittive del 411, e una democrazia moderata e stanca che governò la città per i seguenti e abbastanza oscuri secoli.Ulderico Nisticò
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