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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Elenco delle bufale
Nella cultura della domenica o fin de table che dir si voglia, diffusissima in una Calabria che rifiuta ogni specializzazione e spirito critico e filologico, e si vede, e dove sono tutti storici e latinisti e grecisti, e teologi, non da ora ma da secoli circolano infinite mandrie bufale, delle quali qui di seguito darò un elenco alfabetico, sicuramente non esaustivo: 1.
Annibale passò sul ponte medioevale di Argusto, con svincolo; Eccetera. Ognuna di queste notizie è bufala perché contiene qualche volta una piccola dose di verosimiglianza, ma poi sfugge di mano e diventa fantasia a ruota libera come i cavalli selvatici che, sempre secondo Paolo Diacono, arrivarono in Italia assieme ai suddetti bufali. Per esempio di tutti gli esempi, la Magna Grecia, la quarantunesima bufala. Dite voi, ma la Magna… e sì, ragazzi, lo so per professione: il primo a parlarne fu Polibio, ma anche Cicerone, Dionigi, Diodoro, Plinio… e le città greche di Sibari, Crotone, Reggio, Locri e molte altre minori ci furono e ci sono; e anche Stesicoro, Ibico, Nosside, Alessi; e Alcmeone, Senocrito e altri medici; e Milone e moltissimi altri atleti; e Pitagora e gli Eleatici; e politici e guerrieri come Anassila, Fitone, Zaleuco… E basta: quanto sopra è vero, da questo momento in poi pascolano bufale a milioni. Quando piove troppo, c’è sempre uno scemo del villaggio che, con aria ispirata, annunzia che ai tempi della Magna Grecia non pioveva mai; idem al contrario quando il tempo è secco; se ammazzano qualcuno, subito ad avvertirci che ai tempi della Magna si teorizzava e praticava la pace: inutile raccontare che solo qui da noi nella storia ellenica capitò che città greche distruggessero altre città greche (Siri, Sibari, Caulonia, Ipponio, Reggio… ), il pacifista ti guarda con compassione; e Pitagora (vedi bufala 27) istigò alla distruzione di Sibari e la ottenne alla grande; Italo (vedi bufala 15) sottomise i popoli come fanno tutti i conquistatori della storia: o con la politica o con la guerra, e ce lo raccontano così gli antichi; il Cecino (vedi bufala 17) scorre tra Locri e Reggio, scrivono Tucidide e altri; Barlaam (vedi bufala 2) diede al Petrarca qualche assaggio di greco, ma a sua volta conosceva pochissimo il latino, ci dice proprio messer Francesco che era latinista insigne quando non sapeva manco chi fosse Barlaam; Ulisse… beh, penso di essermi spiegato a sufficienza: è il bufalone DOC! a Soveria Mannelli (vedi bufala 19) non si sparò un colpo, e il generale borbonico Ghio si arrese per diecimila ducati: il telegramma di Garibaldi ha solo il valore storico di dimostrare che nel 1860 a Soveria funzionavano i telegrafi, alla faccia dei depressi e piagnoni e antiborbonici; Mongiana (vedi bufala 26) era un’onesta industria di Stato di modeste dimensioni, quando in tutta Italia, tutta, Torino inclusa!, c’erano meno fabbriche che nella sola Manchester. Ah, bufala 24: per favore, quella famosa anfora con teschio, mi dite dov’è affinché io la possa vedere con i miei occhi, a parte un disegno scopiazzato uno dall’altro? Mistero! Un ultimo esempio. Leggiamo questo elenco di scritti di Corrado Alvaro: opuscolo liceale Polsi nell'arte, nella leggenda, e nella storia; opere vere: Poesie grigioverdi (1917); La siepe e l'orto (1920); L'uomo del labirinto (1926); L'amata alla finestra (1929); Vent'anni (1930); Gente in Aspromonte (1930), La signora dell'isola (1930); Itinerario italiano (1933); Il mare (1934); Terra Nuova. Prima cronaca dell'Agro Pontino (1934); L'uomo è forte (1938) per il quale riceve il Premio dell'Accademia d'Italia della letteratura nel 1940; Incontri d'amore (1940); L'età breve (1946); Lunga notte di Medea (1949); Quasi una vita (1950) per il quale ottenne il premio Strega nel 1951; Il nostro tempo e la speranza (1952); Un fatto di cronaca (1955); Belmoro. Più corrispondenze di viaggi in Turchia e Russia etc, teatro, scenografie di film, collaborazioni giornalistiche a livello nazionale e internazionale. A parte le paginette scolastiche su Polsi e Gente in Aspromonte, non c’è nulla di nulla che riguardi la Calabria nemmeno di striscio; e i racconti non sono affatto denunzia sociale o roba del genere, ma si accostano alle epiche Novelle della mia Pescara di d’Annunzio. Fine. Perché dovete costringere un uomo di grande apertura mentale quale fu Corrado Alvaro a diventare un piccolo piccolo piagnone della miseria di una Calabria nella quale egli per altro, a parte l’essere nato, non mise quasi mai piede? Alvaro, come Grisi e Altomonte, è uno scrittore di vaglia nonostante sia calabrese, non perché calabrese. Troverò mai un professore calabro che mi creda? Mai! Nemmeno i lettori, temo. Anche Mino Reitano era un valido cantante, con voce educata, e di successo genuino, prima di scivolare nel piagnisteo calabro-familiare e deprimersi anche nell’ugola. Peccato. Viva le sorelle Bertè, che la Calabria l’hanno vista solo per farsi il mare durante le ferie. Forse. A dire il vero, dovunque nell’orbe si raccontano bufale. La storiografia francese, pur metodologicamente e tecnicamente così attrezzata da far scuola al mondo, è totalmente inattendibile nelle sue conclusioni perché persegue un solo unico scopo, dimostrare che la Francia è grande. Se qualcuno ha la sovrumana pazienza di leggere la fluviale narrazione che ne fa V. Hugo e non sa la storia per conto suo, si forma l’idea che Waterloo sia stata non la scoppola francese ben nota, ma una specie di pareggio fuori casa, e fu colpa dell’arbitro (non scherzo: leggete il capitolo Quid obscurum). Lo stesso per il 1940-4; i Tedeschi conquistarono la Francia in quindici giorni tutto compreso, la Francia occupata lavorò per la Germania profumatamente pagata in solidi marchi (e, sia detto per inciso, l’operaio francese per la prima volta nella sua storia conobbe assistenza sanitaria e altri benefici sociali che il lavoratore teutonico conosceva dai tempi di Bismarck, e figuratevi sotto Hitler), e alla fine s’inventò la resistenza e che aveva stravinto la guerra. Ragazzi, sono bufale mille volte più grossolane dello sbarco di Ulisse a Tiriolo e dei templari a Montauro… a proposito, la bufala dei templari e del Santo Graal l’hanno inventata sempre i Francesi… E allora, dite voi, perché io lascio stare i gallici bufaloni e me la piglio con povere bufalotte nostrane come Italo erbivoro e Gesù di Crotone e bruciacchiati cavalieri di Gasperina? Presto detto: perché i Francesi quando mentono, mentono a mente fredda e sapendo di mentire, lo fanno apposta e per un consapevole, sia pure malinteso, dovere patriottico; i Calabrotti invece credono davvero, seriamente, alla lettera che sia esistito Ulisse… non il mito di Ulisse, magari: proprio uno vivo e vegeto chiamato Ulisse, nato a Itaca verso il 1210 a. C., di professione re, codice fiscale DSS00000001 (è il re, no?), e sbarcò davvero nel senso che è sceso da una nave (veramente, fu zattera) e salito fino a Tiriolo dietro la procace e allettante Nausicaa dalla biancheria ben lavata a S. Eufemia. Gente che crede allo sbarco di Ulisse eccetera è così ingenua e priva di senso critico e maturità umana che, nei secoli, ha creduto anche allo sbarco di Garibaldi, a quello degli Americani, al Centro Siderurgico, alla SIR, a Saline Ioniche, all’A3, alla Superstrada delle Serre, eccetera. Ha creduto alla Regione Calabria di tutte le salse: Guarasci, Ferrara, Perugini, Ferrara di nuovo, Dominijanni, Principe, Olivo, Rhodio, Veraldi, Meduri, Loiero, e G. Nisticò, B. Caligiuri, Chiaravalloti, Scopelliti; e, qui vicino, a Soriero, Bevilacqua, G. Pittelli… Domani gli stessi polli crederanno alla prima faina che promette loro un posto, un sussidio. Per tutte queste ragioni io continuo a picchiare per schiarire le obnubilate menti. Invano, lo so. A me non crede nessuno, per le seguenti ragioni: 1.il mio cognome finisce in vocale, ò, e non sono quindi tedesco, inglese, francese…; 2.vivo a Soverato e non a Milano; 3.non ho la gobba da secchione, anzi la schiena drittissima, e sorrido invece di apparire lugubre e torvo d’invidia; 4.parlo chiaro ed esplicito, e faccio nomi e cognomi invece di prendermela genericamente con la storia di cinque o seimila anni fa e con la “mentalità” segue cena; 5.non racconto favole e non pascolo bufale; 6.se racconto favole e le metto in scena, vedi Eutimo, dico che sono favole, poesia e letteratura, e non che ho scoperto e mi devono dare la cittadinanza onoraria… 7.me ne impipo anche di questa, però non provate a metterci le pezze a colore con finta cordialità. Ulderico Nisticò
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