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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Re Italo senza soppressata
Vediamo un po’. Di Italo parlano molti antichi, e qui sono costretto a citare e tradurre dal greco e dal latino; tradurre io personalmente di prima mano: chi dubita, se lo traduca o se lo faccia tradurre magari da qualche “maestro” di passaggio nel corso di una toccante cerimonia. Tucidide (Storie, VI, 2) scrive: “Ci sono ancora in Italia dei Siculi, e la terra fu chiamata Italia per Italo, re dei Siculi, che portava questo nome”. Dei Siculi aveva già parlato, ma qui non interessa. Aristotele (Politica 1329a) ci informa: “Dicono i racconti degli abitanti che ci fu un tale Italo, re dell’Enotria, da cui quelli invece che Enotri vennero chiamati Itali e quella punta d’Europa prese nome di Italia, quanto c’è tra i golfi Scilletico e Lametico; la distanza è di mezza giornata. Dicono che Italo rese agricoltori gli Enotri che prima erano nomadi e pose loro leggi e istituì per la prima volta i sissizi; perciò alcuni di loro osservano ancora i sissizi e alcune sue leggi”. Dionigi di Alicarnasso (I, 35), così riprende: “L’Italia nel tempo fu chiamata così per un uomo dominante di nome Italo. Dice Antioco di Siracusa che questi, divenuto valoroso e saggio, e convincendo con discorsi alcuni degli abitanti, altri costringendoli con la violenza, sottomise tutto il territorio tra i golfi Napetino e Scilletino; e per la prima volta quello fu chiamato, da Italo, Italia; quando ne divenne signore e aveva molti uomini sottomessi ne modificò gli assetti e costituì molte città; era costui un enotrio”. Accennano a lui anche Apollodoro e Varrone, intendendo il suo nome come connesso al toro o vitello; l’Eneide; Isidoro di Siviglia. Nessuno di questi minimamente scrive, dice, insinua, sussurra che Italo fosse vegetariano, e tanto meno pacifista. Non leggiamo da nessuna parte che nei sissizi (mense comuni) di Italo si consumassero solo erbette, fichi secchi, acqua di fonte, cicoria, pane, insalatine; o che per qualche strano ordine fossero vietate bistecche e salami vari. State pur certi che, all’invito di un re a mangiare brodini vegetali, i sudditi si sarebbero tutti dati malati! Tanto meno Italo fu in qualche modo diverso da Sesostri, Ciro, Alessandro, Cesare, Traiano, Carlo Magno, Napoleone, Mussolini e da tutti gli altri più o meno fortunati conquistatori della storia: ma, come si legge a chiarissime note in Dionigi, fece uso dei due comunissimi e universalissimi metodo per espandere il dominio: la politica, e, dove non bastava, la forza; più esattamente, Dionigi usa la parola “bia”, che ho tradotto nel suo significato più intrinseco e verace di violenza, molto più duro di, per esempio, “kratos”, che significa solo forza. Insomma, per dirla con Virgilio (Aen. VI, 853), era il solito “parcere subiectis et debellare superbos”: se uno si arrende, trattarlo bene; se no, immaginate il resto. Perciò il mio amato re Italo non solo si governava a soppressate, ma, sanguigno e a dieta carnea e con vino (gli Enotri, da oinos), faceva la guerra e ci pigliava gusto. Eh, come lasciò detto Simon Bolivar, la guerra es la verdadera vida de l’hombre. Preso poi da dubbi, e il dubbio è inizio di sapienza mentre c’è chi non dubita mai di niente, sono andato a ripassarmi l’Ultima Cena. Essa è una Pasqua ebraica (per inciso, l’ultima Pasqua ebraica che può interessare noi cattolici), che, per uso sancito da Mosè, si celebra così (Esodo, 12,1 - 14,46): “Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello secondo quanto ciascuno può mangiare. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo custodirete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà tra i due vespri. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, la mangeranno con azzimi ed erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la pasqua del Signore! In quella notte io passerò nel paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirà il paese d'Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete con un rito perenne. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso”. A parte la poco pacifica strage di primogeniti egiziani, è chiaramente decretato che a Pasqua bisogna mangiare un agnello, e non un agnello di cioccolata, ma uno precedentemente vivo e belante, da scannare e cucinare eccetera… Né trovo nei Santi Vangeli alcun cenno anche indiretto che Nostro Signore abbia ordinato ai discepoli di sostituire l’agnello con ravanelli o fagiolini. Ci sono sì nominate erbe amare, ma solo come contorno della carne ovina. Rinuncio a precisazioni teologiche sulla Transustanziazione. Per carità, uno può scegliere liberamente di essere vegetariano, e di tentare di convincere gli altri a esserlo; ma non può convincerne né il re Italo, morto da un quattromila anni dopo una vita di capicolli e salsicce, né tanto meno la Seconda Persona della SS. Trinità, il cui cibo è il Panis angelicus, ma che quando fu uomo tra noi banchettava a Cana e altrove facendo onore a tavole tutt’altro che erbivore! Perché mi piglio la briga di spulciare testi antichi e metterli a disposizione del pubblico? Per tre motivi: il primo, perché mi svaga; il secondo, perché c’è sempre il pollo che ci casca e magari da domani tutti penseranno che il povero Italo era anemico; il terzo è che ho da aiutare alcuni giovani lettori, ragazzi seri e ferrati, e faccio affidamento che, da grandi, daranno finalmente alla Calabria quel metodo scientifico che, ahimè, ancora non possiede. Buona soppressata a tutti… tranne a chi non la vuole.Ulderico Nisticò
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