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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Spigolature soveratesi di luglio inoltrato
Prendo atto della cortese lettera aperta di don Paolo, e gli esprimo ogni umana solidarietà e simpatia. Mi auguro che il successore non ce lo faccia troppo rimpiangere. Mantengo le mie perplessità sulla buona salute della comunità parrocchiale, che avrebbe bisogno di stabilità e non di inquietudini; e non di voci e dubbi, ma di serenità. E di chiarezza; e chi di gerarchica competenza, a Napoli e a Catanzaro, dovrebbe, secondo me, prestare la massima attenzione; e con essi anche la cittadinanza, e non solo i credenti e praticanti. Il commissario dott.ssa Rizzo vuole mettere in vendita alcuni beni comunali. Non sono contrario, in linea di principio. È tuttavia un’operazione delicata e non scevra di rischi. Qui non posso evitare di ricordare la nostra storia nemmeno tanto antica, e le tre grandi privatizzazioni di beni ecclesiastici della vicenda calabrese: la Cassa Sacra dopo il 1783; le vendite di Giuseppe Buonaparte e Murat (1806-15); quelle unitarie dopo il 1861. Terre ed edifici vennero messi sul mercato in aste aperte a tutti, ma il risultato fu che ne approfittarono in pochissimi attraverso manovre speculative, e nacquero quei latifondi che vennero poi gabellati per feudi di nobili di antichità e Crociate! Speculare non è difficile: basterebbe mandare deserte una o due aste, e sperare che il prezzo cada o crolli. Ebbene, il mio parere è il seguente: il valore dei beni soveratesi da vendere dev’essere fissato secondo criteri oggettivi, e ognuno va offerto solo al prezzo stabilito, restando esclusa ogni variazione dell’offerta in diminuzione. In aumento, se mai! Anche a questo proposito mi piacerebbe sentire cosa ne pensano i miei amati concittadini: aspetterò invano? Sulle spiagge della Perla dello Ionio non si verificano eccessivi assembramenti di folle; ovvero, non c’è nessuno, manco i paesani; e figuratevi i turisti. Idem per la sera. Non cavatevela con la crisi mondiale; la crisi tutta nostra del turismo ha radici antiche, nella degenerazione da turismo a balneazione, da qualità a passeggio di sfaccendati. Nessuno se ne preoccupa, non se ne parla, tutti gli operatori o sedicenti tali continuano a credere alla Perla dello Ionio come negli anni 1960 quando su tutto lo Ionio c’era quasi solo Soverato, e un lido, una pizzetta, due passi erano il massimo della goduria. Siamo rimasti al 1960, mentre saremmo, volendo accorgersene, nella seconda metà del 2013. A proposito, mi stanno bene i parcheggi a pagamento. Dovunque vado, pago. Se gli illustri ospiti della Perla hanno paura di pagare un paio di euro per l’auto, figuratevi se ne spenderanno qualcuno per ombrellone o cena! Siccome il turismo non è un centro di accoglienza ma un’attività lavorativa ed economica, il gratis non ci serve. Del resto, ci sono settemila posti dove non si paga: o qualcuno è troppo signore per farsi mezzo chilometro a piedi, e deve parcheggiare per forza sul Lungomare?Ulderico Nisticò
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