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Nella
piazza centrale di Tiriolo campeggia quello che, secondo le intenzioni di
vent’anni fa, doveva essere un monumento a Ulisse e dintorni; meno male che
il materiale era pessimo, e l’acqua e il vento l’hanno già dilavato, e
presto ci si scorderà della fantasticheria e forzatura del testo greco per
cui i Feaci, popolo di marinai, sarebbero vissuti a 800 e più metri
d’altezza; e l’avvenente Nausicaa lavava i pannetti a 17 km da casa, 34 con
il ritorno! Senza dire della traduzione arbitraria del VI dell’Odissea.
E invece Tiriolo ha quattromila anni di
storia verissima e attestata. La tomba bruzia monumentale, oggi esposta al
pubblico, testimonia una delle fasi di questa lunghissima vicenda. Ma sono
presenti la protostoria, la grecità, il momento bruzio, Roma, l’Impero
d’Oriente, il Medioevo feudale; e Tiriolo fu il crocevia della Calabria
Centrale ancora fino a qualche anno fa; e vive bene come luogo di turismo
attrezzato per l’anima e per il corpo.
Altrove, con il 5% di quello che conserva la
sola Tiriolo, diventano ricchi di turismo culturale. E aggiungo Gerace,
Stilo, Serra, Squillace, Roccelletta, Catanzaro, Taverna, Cropani, S.
Severina, Isola, Crotone, per restare solo qui. Noi di Calabria, che avremmo
un patrimonio inferiore solo a Roma, Firenze e Atene, non ci riusciamo, e
cerchiamo di capire perché.
1.
Le condizioni dei beni culturali non sono delle migliori per
abbandono e difficile accesso; molti edifici sono stati malamente
ammodernati, soprattutto negli anni 1950 con la finta alluvione e una
banda di avvoltoi in tonaca e non; ciò li rende a stento leggibili come
antichi;
2.
I Calabresi sono pronti a bersi qualsiasi bufala racconti un
forestiero;
3.
Un colonialismo culturale veicolato dai libri di scuola ha
convinto i Calabresi che qui ci fu solo la Magna Grecia: della quale del
resto non sanno un accidenti, però ne parlano come fosse la zia;
4.
Ma, quel che è più grave, l’intellettuale ufficiale calabro è
esattamente il contrario di quello che uno si aspetta da chi dovrebbe
fare cultura viva e anche turistica: è pedante, accademico, scolastico,
erudito, aggobbito, noioso, depresso, pessimista e palesemente
dialettofono come lingua normale, mal tradotta in italiese. Greve com’è,
trasmette solo messaggi grevi e repellenti.
5.
La pretesa dell’intellettuale è che il turista sia disposto ad
annoiarsi come si annoia lui, e per di più a pagamento. La cultura viva
è piacevole, sorprendente, tragica, epica, fatta anche di poesia,
teatro, cinema, mistero, invenzioni…
6.
E soprattutto è amorale: buoni e cattivi, purché siano un
interessante passato. Per esempio, chi ci dice se il cavaliere bruzio di
Tiriolo, proprietario della tomba, era un onesto nobile o un fierissimo
mascalzone rampante? Beh, se mai, i suoi reati caddero molto tempo fa in
prescrizione.
7.
Insomma, bisognerebbe lasciar fare la cultura a chi è del
mestiere! L’espressione “del mestiere” non ha nulla a che vedere con il
titolo di studio e l’eventuale cattedra o posto statale. Anzi…
Per i sette punti di cui sopra, in Calabria si
fa pochissimo e niente turismo culturale. Via, se a Tiriolo ne hanno voglia,
si può giocare in tutti i modi con quel bruzio trapassato. Già che manco si
sono ricordati di invitarmi. Perché dovevano? Ma perché ho scritto
Cronache antiche di Tiriolo, estratto da Vivarium Scyllacense,
1996, edizione critica del vecchio testo secentesco attribuito all’Ursano,
poi integrato nel secolo seguente. A Tiriolo non lo sanno? Vedete che
effetto fa dare retta a Wolf e alle bufalacce su Ulisse? Che ignorano – voce
del verbo ignorare – i seri testi di storia cittadina. Peggio per loro.
Ulderico Nisticò
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